Cartesio

 

Cartesio, è definito il fondatore del razionalismo moderno. La ragione cartesiana è una ragione scientifica, ma è anche una ragione metafisica, che usa per giustificare le sue teorie. Il razionalismo pone quindi la razionalità come soggettività, come "cogito", come pensiero. Pongono ciò come fondamento della scienza.
Il suo scritto fondamentale è il discorso sul metodo, che però non conclude poiché si ferma quando viene a sapere della condanna di Galileo.
Un’altra opera, giovanile, è "regole per dirigere l’ingegno, scritta nel 1019-1020, dove spiega le 21 regole che caratterizzano il metodo scientifico. Nel discorso sul metodo invece ne diventano 4.
Altra opera che poi verrà condannata, è "meditazioni sulla filosofia prima", rivolto agli accademici e soprattutto agli scolastici. Altra opera, è "le passioni dell’anima", opera che parla di etica e morale. È una delle ultime opere che scrive, e quando muore Cartesio "le passioni dell’anima" è la prima opera attraverso la quale viene conosciuto.
All’uscita della scuola di La Fleche, si accorge che comunque non ha nessun criterio per distinguere il vero dal falso. È qui che si accorge che ha bisogno di trovare un buon metodo, un orientamento per la vita. Il metodo deve essere unico, che si deve poter applicare a tutte le cose. Per ricavare le regole di questo metodo, Cartesio le ricava dalle matematiche. Il problema reale non è quello di astrarre le regole dalle matematiche, ma invece il giustificare filosoficamente questo metodo.

Queste sono le regole del metodo:
1) << Non accogliere mai nulla per vero che non conoscessi esser tale con evidenza. >>
La conoscenza scientifica è quindi chiara se è evidente. L’evidenza non si ha senza intuizione, la conoscenza evidente si ha solo con l’intuizione e non con l’induzione o deduzione.
La deduzione e l’intuizione preparano l’intuizione. Fa sì, l’intuizione, che tra mente e oggetto vi sia una nuova trasparenza, un abbraccio inscindibile tra cogito e cogitatum. Il cogito è quindi l’evidenza, è questa la regola fondamentale del suo metodo.
La 2) regola è quella dell’analisi: un problema viene scomposto e risolto in parti più semplici. Analisi = scomposizione, mentre poi vi sarà la Sintesi (3° regola) = ricomposizione.
Con l’analisi si conoscono tutte le piccole parti, ma non ancora le relazioni tra le parti. Le relazioni si conoscono tramite la sintesi. Alla fine di questo processo, si arriverà alla conoscenza dell’evidenza.
Infine, la 4° regola, è una regola di controllo per l’analisi e la sintesi: l’enumerazione riguardo l’analisi, mentre la revisione per la sintesi.
Cartesio a un certo punto crea una sorta di "diallelo", un circolo vizioso, poiché nel cercare il fondamento al suo metodo, usa la stessa regola dell’evidenza che dà già per vera. La ragione, infatti, per Cartesio, deve trovare il suo fondamento attraverso se stessa, infatti cartesio era un razionalista. Vi sono due tipologie di dubbio, il dubbio cartesiano, che è quello metodico, e il dubbio pironiano, che è quello scettico. Il dubbio scettico è finalizzato alla negazione di ogni verità, è un dubbio nichilista, distruttivo. Invece, con il dubbio metodico, Cartesio mette in dubbio qualunque cosa, ma la finalità del dubbio è comunque l’affermazione di una certezza incontrovertibile.
Dalla tradizione storica Cartesio riprende l’epokè, ovvero la sospensione del giudizio, dubita senza prendere una determinata posizione, prima di essere totalmente sicuro.
Ad esempio, sospende il giudizio sulla conoscenza sensibile, poiché questa a volte lo inganna, quindi sospendendone il giudizio la esclude. Quindi dubita di tutto, e provvisoriamente ciò di cui sospende il giudizio lo considera falso. Cartesio non vuole dubitare di tutti gli oggetti esistenti al mondo, ma dubita di tutti i principi e le forme di conoscenza, quindi dei sensi, della ragione, etc.
Con l’idea del "Genio Maligno" arriva a dubitare anche di Dio, pensando che Dio possa essere anche un dio cattivo, e non necessariamente buono. È quindi possibile che si venga "ingannati" dal genio maligno, il quale ci ha dotato di capacità conoscitive fallaci. Il cogito, il pensiero, è quindi l’unica esistenza sicura. Non si può però essere sicuri delle altre cose proprio perché non appaiono così evidenti come appare il cogito, si può invece avere un idea delle cose .

Per Platone le idee erano realtà ontologiche, dalle quali il sensibile dipendeva, dei criteri assoluti di giudizio, delle realtà sostanziali separate dal soggetto.
Per Cartesio le idee sono solo delle rappresentazioni mentali. Gli "atti del pensiero" sono quindi i cogitati, ovvero proprio le idee sono quindi delle rappresentazioni mentali del mondo esterno.
Non si può quindi dubitare delle idee in sé, ma si può invece dubitare del se la rappresentazione delle idee, ovvero di ciò che si trova nel mondo reale. Ad ogni modo, non tutte le idee le creiamo noi. Non si può quindi essere sicuri che ciò che rappresentano le idee esista davvero nel mondo reale.
Esistono diversi tipi di idee: innate, avventizie e fattizie.
Idee innate = si trovano in me ma non sono da me, cioè non state create da me.
Idee avventizie = si trova in me e vengono dal di fuori, dipendono dall’esterno.
Idee fattizie = si trovano in me e vengono da me, sono state create da me; ovvero quelle generate ad esempio con la fantasia.
Per Cartesio di idee innate ce ne è una sola, ed è l’idea di Dio. Dio è l’idea della perfezione, e si trova in me che sono imperfetto. Deve essere necessariamente un idee innate poiché essendo io imperfetto non posso creare un idea perfetta.
Nella causa ci deve essere tanta realtà (cioè perfezione) quanta ve ne è nell’effetto. Questo è infatti il principio della causalità scolastica, alla quale Cartesio si rifà.
Questa è quindi per certi versi una prova dell’esistenza di Dio.
L’esistenza di Dio serve proprio a dimostrare l’esistenza del mondo esterno. Dio è infatti il garante dell’esistenza del mondo esterno, e dimostrare quindi che le idee avventizie esistono davvero nel mondo esterno.

Ritorna inoltre in Cartesio il sillogismo di Anselmo da Aosta, leggermente modificato: dice che l’esistenza (in quanto perfezione) deve inerire necessariamente all’essenza di Dio.
Cartesio con l’esistenza di Dio, può anche distruggere l’idea del Genio Maligno, in quanto Dio se è perfetto non può ingannare e dice che quando si sbaglia in qualcosa, la colpa non è di Dio, ma dell’uomo , e della volontà dell’uomo che a volte cerca di giudicare pur senza avere tutti i termini necessari. L’errore non dipende solo dall’intelletto, ma dallo scontro tra volontà e intelletto. E del prevalere della volontà sull’intelletto.
Cartesio prova inoltre a fondare una morale universale, dove però rendendosi conto che sia un compito particolarmente oneroso, Cartesio prova prima a tracciare delle leggi per una morale provvisoria. Nel caso del metodo, si può aspettare fino a trovare un metodo definitivo, mentre nel caso della vita, e quindi della morale, non si può aspettare per trovarne una definitiva e universale.
Ogni azione umana è legata a dei valori, sono dei riferimenti ideali per le azioni, degli indirizzi. I valori, però, non sono sospendibili. Cartesio comunque morirà prima di poter scrivere una morale definitiva, anche perché non può esistere una morale universale, poiché non si possono invece applicare le "regole" e i principi del metodo scientifico alla vita e quindi all’etica.
Il dualismo cartesiano si ha tra la res cogitans e res extensas, e cioè tra spirito e materia, è un dualismo generale che nell’uomo si riflette in anima e corpo.
Fino a che non si arriva a parlare dell’uomo, il problema della conciliabilità delle due realtà non si pone.
Sono due realtà qualitativamente differenti, e per risolvere la questione del come fanno a comunicare tra loro animo e corpo, Cartesio si "inventa" un organo, ovvero la ghiandola pineale, tramite la quale l’anima e il corpo comunicano.
La res cogitans è inestesa, inconsapevole e libera.
La res extensa, ovvero il mondo esterno, è spaziale, inconsapevole e determinata. Per dimostrare la res extensa, usa prima il dubbio metodico, con cui arriva a Dio, e da lì arriva al mondo esterno. Però, con i sensi, si può distinguere con evidenza solo le quantità, e cioè la res extensa, solo la sua estensione e movimento. In Cartesio, in verità ci sono tre sostanze, e infatti in questo c’è una contraddizione. La terza sostanza, da cui dipendono le altre due, è Dio.
Infatti, teoricamente, le prime due sono sostanze seconde, poiché pur essendo indipendenti tra loro, sono dipendenti da Dio, e create da Dio. Questa contraddizione verrà poi ripresa da Spinoza, il quale dirà che l’unica sostanza è Dio.

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