Leibniz

Leibniz parla di ordine, ma non è l'ordine geometrico necessario, ma contingente, che si organizza sponteaneamente e vi è quindi una grande differenza tra Spinoza e Leibniz.
Per Leibniz vi è un ordine non necessario, ma contingente, frutto di una scelta. Vi è quindi di nuovo un Dio trascendente, si ritorna al dualismo metafisoco.
Dio per Leibniz, ha scelto il nostro come il migliore dei mondi possibili. Allo stesso modo, ogni mondo ha in se un "ordine" già completo, in ogni mondo si avrebbe un ordine diverso. Ad esempio, è già stabilito che Cesare attraversi il rubino, nel nostro mondo.
È il filosofo dell'ars combinatoria, una srota di ordine del sapere, ha tentato di creare una sorta di sapere universale. Un qualcosa che unisce finalismo e meccanicismo, metafisica e scienza, etc.
Tutta la filosofia di Leibniz è tutta finalizzata a giustificare l'ordine contingente.
Distingue l'ordine dalla necessità, l'uno spiegato dalla verità di ragione, l'altro dalla verità di fatto.
La necessità secondo Leibniz può spiegare l'organizzazione del mondo, con la logica, ma non si può applicare alla realtà.
La verità di ragione attiene al mondo della logica, e in quanto logica è una verità necessaria, ad esempio "il triangolo ha tre lati". La verità di ragione però non può spiegare la realtà.
Una verità logica è identica, una sorta di giudizio analitico a priori, tautologico (si spiega da sé). La risposta è già all'interno della domanda, va solo esplicitata.
Ad esempio, in "il triangolo ha tre lati", il fatto che abbia tre lati è già contenuto all'interno della parola triangolo. Infatti, analizzandola la parola, senza rifarsi all'esperienza, per deduzione si può arrivare a capire che ha tre lati. Tale espressione quindi non accresce la conoscenza, ma non fa che esplicitarla. Si fonda tutto sul principio di identità e non contraddizione.
Questo tipo di verità sono innate, non derivano quindi dall'esperienza.
Le verità logiche non sono quindi feconde come le verità scientifiche, ma tautologiche.
L'innatismo di Leibniz, innatismo virtuale, dice che noi abbiamo già dentro di noi la conoscenza, ma in modo confuso e indistinto. L'esperienza ha quindi il compito di renderla chiara e distinta. L'esperienza quindi riesce a chiarificare alcune di queste "petit perceciones", piccole percezioni oscure.
Le verità di ragione sono logiche e innate, e delineano il mondo della possibilità.
Le verità di fatto invece sono contingenti e riguardano il mondo reale, sono fondate da un principio particolare, ovvero il principio di ragion sufficiente, ovvero, che nulla si verifica senza ragion sufficiente. Ovvero, senza che sia possibile a chi conosce sufficientemente le cose, di capire perché è così e non altrimenti.
È un principio di ordine e concatenazione, senza però formare una catena necessaria. Inoltre, non implica la causalità efficiente (causa e effetto), ma una causalità finale, è Dio che sceglie il mondo tra i vari mondi possibili.
Le verità di fatto hanno sempre come soggetto una sostanza individuale e mai un concetto astratto, poiché si riferiscono alla realtà. Nelle verità di fatto il predicato può essere negato, poiché soggetto e predicato non sono la stessa cosa.
Però, il soggetto deve sempre contenere la ragion sufficiente nel predicato, perché il soggetto di una verità di fatto è sempre un soggetto reale o esistente.
La nozione di un soggetto, contiene la ragion sufficiente di tutti i predicati che ci si possono attribuire con verità.
Naturalmente, noi non possiamo saperli tutti, ma solo Dio, poiché conosce la ragion sufficiente di tutto.
Leibniz vuole applicare il suo ordine contingente anche alla natura. Usa la "legge della continuità", secondo la quale in natura tutto avviene senza salti, ma per gradi. Non si passa direttamente dal piccolo al grande, ma vi sono tutta una serie di infiniti gradi intermedi.
La differenza quindi non è qualitativa, né sono due quantità separate, ma sono il crescere e il diminuire di una stessa misura. Questo principio consente a Leibniz di arrivare al concetto di forza.
La forza per Leibniz è l'elemento originario del mondo fisico, è il concetto di forza fisica che poi consente a Leibniz di arrivare al concetto metafisico di monade.
Ciò che rimane costante nei corpi in un sistema chiuso non è la quantità di moto, ma la quantità di azione motrice, di forza viva, pari al prodotto della massa per il quadrato della velocità. Il movimento e lo spazio non sono reale di per se stessi, ma sono considerati degli enti di ragione, invece la forza per Leibniz è la vera realtà dei corpi.
La forza è il superiore principio metafisico che fonda le leggi stesse della fisica.
Distingue tra forza passiva (la resistenza che i corpi oppongono, etc.) e la forza attiva. Ed è la forza attiva quella originaria.
Per Leibniz quindi non c'è più il dualismo cartesiano di sostanza estesa e sostanza pensante, poiché nell'universo non esiste veramente né estensione né materia: tutto è spirito e vita perché tutto è forza.
Nei primi discorsi Leibniz parlava ancora di sostanza individuale come l'uomo. Solo dieci anni più avanti, introduce il concetto di monade. Ciò, consente di estendere al mondo fisico il suo concetto di ordine contingente, e di unificare mondo fisico e mondo spirituale.
La monade è un atomo spirituale, una sostanza semplice e senza parti, priva di estensione o figura, e indivisibile. Dio crea le monadi, e le crea per folgorazione.
Non esistono due monadi uguali, identiche. Ogni monade è diversa dall'altra, non vi sono due esseri perfettamente uguali. Questo è il principio dell'identità degli indiscernibili.
Se due cose fossero uguali, non sarebbe uguali ma sarebbero la stessa cosa. Due cose apparentemente uguali, ad esempio, potrebbero essere diverse anche solo per posizione spaziale.
Tutte le monadi rappresentano l'universo, ma ognuna lo fa da un punto di vista diverso. In ogni monade risuona tutto l'universo. La monade somiglia alla nostra anima, ha una sua vita interna formata da due attività fondamentali: la percezione e l'appetizione. Infine ve ne è una terza, l'appercezione.
L'appetizione è passare da una percezione all'altra.
L'appercezione è invece percepire senza sapere di percepire. Quindi la vita cosciente della monade è diversa.
Infatti, non tutte le monadi rappresentano in esse l'universo con la stessa consapevolezza. Distingue, Leibniz, la vita rappresentativa da quella cosciente. Leibniz quindi afferma che l'anima pensa sempre, anche quando non si accorge di pensare.
La vita cosciente, che è maggiore nelle monadi superiori, è più importante della vita rappresentativa. Nelle monadi inferiori, invece , è la maggiore la vita rappresentativa.
Materia seconda = il corpo; Materia prima = la resistenza dei corpi stessi alla penetrazione.
Attribuisce due leggi differenti all'anima e al corpo. Il corpo con leggi meccanicistiche, l'anima con leggi finaliste. Per "collegare" anima e corpo, usa il problema dell'armonia prestabilita. È un armonia prestabilita, determinata da Dio al momento stesso della scelta dell'universo, è un accordo stabilito sin dall'eternità. E non un influenza reciproca (come secondo Cartesio) o con un intervento dall'esterno. Le monadi tra loro comunicano in maniera rappresentativa, e sono assimilabili a degli orologi costruiti in maniera da garantire una perfetta sincronia.
Per spiegare l'esistenza di Dio, usa due teorie.
Per Leibniz in Dio possibilità e realtà coincidono, infatti tale è il significato della necessità della sua natura.
L'esistenza di Dio la si può dedurre dal fatto stesso che Dio è possibilità pura, è privo di contraddizioni interne. Quindi Leibniz per spiegare l'esistenza di Dio parte proprio dalla possibilità pura.
Una cosa assolutamente possibile quindi non può non esistere. La volontà di Dio è regolata dal cosiddetto criterio del meglio. Inoltre in Dio ci sono due volontà, una che vuole il bene (volontà antecedente), e la volontà conseguente, che è poi quella che effettivamente esiste. E questa volontà conseguente deve "accontentarsi" del meglio, ammettendo quindi anche il male.
Distingue tra male metafisico (implicito nella limitazione delle creature), male morale (che coincide con il peccato), e il male fisico (che discende dai primi due).
Il male metafisico è una sorta di teologia negativa, è non-essere, è mancanza di bene.
 

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