Il Rinascimento

Per sintetizzare in due parole il rinascimento, si può dire che è un momento fondamentale dell’umanità, con una propensione all’innovazione in tutti i campi, che però si coniugava con il rispetto della tradizione: quindi senza conoscenza storica non c’è innovazione.
Il valore del fare e del pensare è uno degli aspetti fondamentali del rinascimento. Due cose sono importanti: l’invenzione della stampa, che fa sì che aumenti lo spirito critico, grazie alla diffusione della cultura. Nasce quindi una dialettica sociale fino ad allora sconosciuta.
Poi, il fatto che l’uomo mostrando una fiducia sempre più forte nelle sue capacità, cerca di affermare nuovi valori, come il valore del denaro.
In quest’epoca, infatti, la’scesa sociale, al contrario dell’antichità, è regolata dal denaro. Infatti con il prosperare delle attività le famiglie non nobili cominciano ad accumulare cospicue ricchezze. In più con la nascita delle banche molte famiglie divengono molto importanti. L’uomo, quindi, diventa consapevole che è arbitro del proprio destino: se vuole fare, può fare. Vi è una fiducia quasi cieca nella ragione, dove l’uomo è capace di decidere del suo destino. Il rinascimento fonda le sue basi sull’umanesimo, e si affida alla corrente filosofica del neoplatonismo.
Nel rinascimento si attiva innanzitutto una rivoluzione pittorica: con la nascita della prospettiva, che consente di rappresentare nel disegno la tridimensionalità e quindi la profondità.
Accanto alla prospettiva c’è il chiaroscuro.
La tridimensionalità nasce appunto perché la società non è più bloccata dal "congelamento" del medioevo. Ecco che l’uomo, che diventa più interessato alle sue prerogative.
Comincia a interessarsi all’ambiente che ha intorno.
Il chiaroscuro serve a rappresentare la luce: a distinguere le zone in ombra da quelle illuminate.
E per sfruttare la tecnica, prima si dava il colore bianco uniforme, e poi via via si aggiungeva una terza, quarta etc. mano di colore, escludendo via via le zone che dovevano essere più in luce. Zone particolarmente scure erano ottenute aggiungendo grafite o grigio al colore.
La scultura diventava sempre più realistica.

La chiesa di S. Maria del Fiore, doveva essere una delle più importanti dell’epoca. Firenze a quel tempo non era grande come le altre città europee, ma era uno dei motori dell’economia.
I fiorentini volevano che la loro cupola fosse la più grande della loro epoca, con 40m di diametro e un altezza di 28m. Per ragioni tecniche però, non si riusciva con le tecniche medievali a completare la cupola. Si comincia a un certo punto ad affermare Filippo Brunelleschi, figlio di un notaio fiorentino, comincia a lavorare in un oreficeria dove impara le tecniche di base. Conoscerà, poi, Donatello, che diverrà un suo grande amico.
Partecipa a un concorso per le porte bronzee del Duomo, ma il concorso lo vince Ghiberti, siccome aveva già parecchi agganci.
Brunelleschi, la prende male e se va a Roma dove approfondisce l’architettura classica.
Torna a Firenze proprio quando c’è il concorso per la cupola di Santa Maria del Fiore.
Propone la sua idea, ai signori dell’arte della lana (i quali dirigevano la costruzione della cupola), e cioè di usare la tecnica romana dei mattoni a spina di pesce.
[disegno]
La prima voltala cupola cade, Brunelleschi alla fine capisce che bisogna la dividere la cupola in otto spicchi. Fa progetti molto dettagliati, e alla fine diventa l’unico direttore dei lavori. Organizza il cantiere come una piccola città, gli spicchi vengono divisi da archi in pietra, ripresi dallo stile gotico. Dopo un po’, però, crolla di nuovo la cupola. Alla fine, risolve costruendo due cupole, ovvero una di base, un intercapedine vuota, e poi la copertura esterna. Quella di base di 2 m, poi circa 1,2 m di vuoto e 0,8 m la copertura esterna.
Quando la cupola è quasi ultimata, però, capisce che la cupola corre un rischio: la cupola è talmente testa, che ogni spicchio corre il rischio di scattare come una molla.
Realizza, allora la cosiddetta lanterna sulla punta della cupola.

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