Relativismo multiplo

Come molti di voi già sapranno, la mia “filosofia fondamentale” è fortemente basata sul relativismo e perlopiù sul nichilismo, anche esagerato, forse, a volte.
L’ideologia di base è che, appunto, l’unica “verità assoluta” è il fatto che non vi siano verità assolute. E che tutto, deve essere per forza relativo a un soggetto che la osserva.
Spesso si tende a banalizzare il tutto assumendo che l’uomo è l’unico soggetto, e le cose che osserva gli oggetti. E tutto viene ancora più banalizzato dando per giusto che la relazione tra i due è singola e unica, non esistono altri agenti rispetto ai quali deve venire valutato il criterio di relazione stesso.
E, per dare credito a ciò, si tende per forza a creare una verità assoluta rispetto alla quale rapportare il tutto; divinizzando l’uomo in quanto unico metro di giudizio, il quale quasi trascende rispetto agli altri oggetti.

Si potrebbero fare esempi del genere per semplificare, ma non si può basare il tutto su quest’unica e singola relazione soggetto-oggetto.
Facciamo un esempio pratico: capita spesso che per indicare una qualità innata, si prenda come esempio il colore di un qualcosa. E quindi si dice “questa maglia è rossa”, prendendo il colore della maglia come riferimento assoluto di una qualità resa primara, che è il colore, e che non è in relazione a nessun osservatore. Comunque la si osservi, è sempre rossa.

Invece, il colore è tecnicamente una delle proprietà più relative in assoluto. Non esisterebbero i problemi di “qualità di colore” e le tipografie potrebbero dimenticarsi tutti i problemi a causa dei differenti profili colore. Infatti, il colore è relativo al soggetto che lo percepisce, e quindi nel caso dell’uomo al suo organo di senso fondamentale: la vista.
Tutte le persone percepiscono i colori in modo diverso l’una dall’altra, anche se naturalmente con variazioni piccolissime. Ce ne si può accorgere anche solo provando a schermare uno dei due occhi, e vedere come la vista che si avrà sarà leggermente diversa per i due occhi: uno magari vedrà i colori più “caldi”, un altro più “freddi”. Ancora di più nel caso di persone daltoniche, che vedono invece alcuni colori completamente invertiti.

Già arrivati a questo punto si vede come crolla l’idea che il colore sia una cosa oggettiva e insita nell’essere stesso. Ma proviamo ad addentrarci ancora di più nell’idea di relativismo: il colore è una cosa che, anche scientificamente, non esiste fine a se stessa, ma solo grazie a un terzo elemento che ce lo fa apprezzare, e cioè la luce.
Senza luce non si potrebbe avere alcun colore, poichè il colore stesso non è altro che la luce, riflessa, da parte di un oggetto.
Si vede come non si può più pensare al relativismo come unico e monodirezionale, in un sistema Soggetto-Oggetto fine a se stesso; bensì va pensato come un qualcosa di aperto e completamente dipendente non solo dal soggetto, ma anche da svariati fattori esterni. Ad esempio soggetti esterni che esulano sia dall’oggetto che dal soggetto, nel caso di questo esempio quindi il soggetto esterno è la luce stessa.

Non si può quindi affermare a priori “questa maglia è rossa”, poichè sarebbe scorretto e limitativo. Semmai, si potrebbe dire “questa è, potenzialmente, una maglia”.

Il problema di fondo è che l’essere umano non è l’essere per antonomasia, ma un semplice macchina che vive in un universo costellato da svariati elementi diversi. Se si centralizza tutto attorno all’uomo e si prende come “unico” il suo modo di recepire le informazioni attraverso i sensi, e quindi si prende l’uomo come unica verità assoluta, si arriva a far crollare l’intero sistema relativista. L’uomo non può invece accedere alla materia (che si potrebbe anche chiamare  “essere” in generale), può soltanto vederla attraverso i suoi sensi, e il modo in cui questi ultimi la percepiscono è determinante.

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