Una giornata sfortunata

Questa è la cronaca passo passo di una giornata sfortunata

Sveglia puntata alle ore 6 del mattino.
La sveglia suona ferocemente alle 5 a causa di interferenze coi resti orbitanti della MIR.
La disattivo bestemmiando e mi riaddormento.
Evidentemente la mia sveglia suona solo nelle ore dispari, e infatti eccola suonare alle 7. Con un’ora di ritardo.
Ma non me ne accorgo, quindi penso di potermi concedere i soliti dieci minuti di sonnecchiamento.
Sonnecchio e alle 7.35 mi sveglio definitivamente. E’ giusto un pò tardi. Bestemmio un pò e vado in cucina a mettere su il caffè. Mentre il caffè si cuoce, per risparmiare tempo, vado in bagno. Passo di fronte alla gabbietta del criceto. Il criceto è lì.
Entro in bagno, ma mi blocco, e mi chiedo: "ma è normale che un criceto* stia a pancia all’aria, con la testa incastrata tra le sbarre e la lingua un pò in fuori?"
"no", risponde una vocina dentro di me.
Torno alla gabbieta, e constato* che il criceto è effettivamente morto. Tra atroci sofferenze, probabilmente.
Ma almeno ha vissuto felice, penso. Alchè mi accorgo che con le unghiette della zampetta, col suo ultimo briciolo di forza, ha inciso una frase sulla morbida plastica del fondo della gabbia: "Sei stato il peggior padrone del mondo. Ho vissuto una vita di merda. Ti ho sempre odiato. Fottiti, stronzo".

Sono le 7.43 del mattino. Sono in ritardo, e il mio criceto si è suicidato.

Decido di dare una sommaria sepoltura al mio criceto. Lo accarezzo un pò, incollo bene la testa al resto del corpo, e lo avvolgo delicatamente nel cotone.
Sono in lacrime
Il mio caro e adorato Psicosomatico….compagno di mille avventure….
Ma è tardi, e invece che deporlo su una barca e farlo scivolare giù per il fiume, mi devo accontentare di buttarlo nella spazzatura (nella busta per la raccolta differenziata, però. )

Vado in bagno alle 7.49. Mi sollazzo nel provare il brivido della pipì*, e nel frattempo comincio a radermi per risparmiare tempo.
Plin Plin Plin fa la pipì.
Brush Brush Brush fa il rasoio.
Blop, fa la mia giugulare aperta in due.
In tutta fretta tiro lo sciaquone e mi guardo allo specchio.

Sembro un vitello sgozzato. Il sangue cola copioso.
L’alcool quello verde, che non brucia, è finito.
Prendo l’acool rosso. Ma non ho il coraggio.
"Si rimarginerà da sola, penso".

Vado in cucina. Verso il caffè nella tazzina. Faccio per portarmelo alla bocca.
Ma, furbo come non mai, capisco che probabilmente sarà più caldo dell’interno del sole.
Poggio la tazzina sul bordo* del tavolo.
In un impeto di buon umore a iperattivismo decido di fare un pò di stratching.*
Mi piego fino a toccarmi la punta dei piedi. Le mie ossa e i miei legamenti scricchiolano come le pareti di un sottomarino a 8000 metri di profondità. Ma ce la faccio.
Mi rialzo e sbatto la testa contro il tavolo. Non mi faccio tanto male. Ma la tazzina cade e tutto il caffè mi si versa malignamente nel colletto della maglietta, scorrendomi giù per tutta la schiena. La temperatura del caffè era la più alta mai registrata sulla terra.*
Satana, giù all’inferno, nel sentire quello che dico, si fa il segno della croce.

Sono le 7.54. Sono in ritardo, il mio criceto si è suicidato, mi sto dissanguando, ho un ustione di decimo grado.

*noto fenomeno fisico.
*più una cosa è pericolosa, fragile, delicata, preziosa, più pericolosamente la si posa.
*streccing, in italiano
*vari milioni di gradi farheneit.

Mi verso una caraffata d’acqua gelida sulla schiena, provocando un coreografico effetto geyser.
E’ tardi per prepararsi un altro caffè. Rinuncio. Mi vado a vestire.
4 camice su 4 sono a lavare.
3 pantaloni su 3 sono a lavare.
1 felpa è dispersa.
1 felpa è sporca di un materiale non meglio definito.
8 magliette su 8 sono lerce.
Anzi, 7 su 8. In fondo al cassetto trovo una bella maglietta bianca che non ricordavo di avere. Tutto contento la metto, sentendo uno strano dolore. Non indago. Per i pantaloni mi arrangio con un paio di jeans del 1912.
Mi guardo allo specchio. Mettendo la maglietta ho riaperto la ferita.
La maglietta da bianca è diventata rossa.

In bagno, con il flacone di alcool rosso, mi domando quanto sangue potrò ancora perdere prima di svenire.
Un tremolìo alle gambe mi dice: "poco".
In un impeto di coraggio applico l’alcool sulla ferita.

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Metto un cerotto.
Prima di uscire cambio la maglietta. L’unica che trovo è un’orrenda magliettina a strisce rosse e bianche modello "passeggiata al parco coi genitori".
Scendo in strada alle 8.10. Dovrei già essere a scuola. Ma forse sbrigandomi ce la farò. Mica dev’esserci per forza traffico.

NEL FRATTEMPO, A CIRCA 1 KM DI DISTANZA.
"minchia minchia guarda che bel culo quella lì!"
Il venditore di frutta Salvatore, mentre guida la sua Ape carica di merce verso la fiera, si distrae guardando il didietro di una gentildonna.
PIPIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII
POPOOOOOOOOOOOOOOOOOO
crash.
L’ape carica di frutta tampona alla velocità di 3 km/h un camioncino dei gelati.
L’ape cade su un fianco.
Mele, Pere, Ananas, mandarini e quant’altro invadono la carreggiata.

Nel frattempo io mi metto in motorino pensando che non ci sarà traffico.

Esco dal portoncino di casa, tutto è al rallentatore. Cammino coi capelli scompigliati dal vento, col passo di un cowboy. Sto per compiere un’impresa eroica. Arrivare puntuale a scuola nonostante tutto.
Metto in moto il mio Stallone 50 CC non truccato perchè papà non vuole.
Prendo il lettore mp3. So già quale canzone scegliere.
Princes of the Univers, dei Queen.
Quella sarà la canzone del Trionfo. Dopo aver fatto dieci volte avanti e indietro nella lista di canzoni (era la prima di tutte ), sono pronto a partire.
Mi infilo gli auricolari.
Guardo avanti, gli occhi socchiusi.
Premo il tasto sul lettore MP3.

bip.

Guardo lo schermo lcd.
"vuoi davvero cancellare il brano?"
"NO", dice la mia testa.
Ma il mio dito indice, animato da una sua volontà, pigia il tasto YES.

"Brano 01 cancellato", mi avverte una scritta beffarda.

Bestemmio come un turco infedele, e scelgo una canzone a caso, partendo a tutta Vodka.*

E così parte la mia folle corsa in motorino, sulle note di Asereje, delle Las Ketchup.

Tra le confuse farneticazioni di "asereje-a-eh eh-asereheere uedi uomba madari achi achi" sento un lontano rumore di clacson.
"no, non può esserci traffico. Solo per oggi, o possente Baal, fa che non ci sia traffico", penso.

Svolto l’angolo. Il più terrificante ingorgo dai tempi di Catilina. Macchine disposte su tre piani. Gente che ha organizzato tornei di Poker Americano. Partite di calcio. Terrificanti sessioni di roulette russa. Duelli rusticani. Un oratore, sul tettuccio di una macchina, prediceva la fine del mondo.

E Colui che causò l’incidente, la Causa di tutto, a raccogliere mele dall’asfalto.
Per un attimo, l’Artefice dell’incidente guardò la folla, e il suo sguardo si concentrò su di me. E mi guardò, oh se mi guardò.
E capì, capì che mi stava facendo ritardare.
E quando lo capì ecco lo sguardo che mi lanciò: 🙂

paraparaparapaaaaaaaaaaaaaaaaa (musica inquietante, da smania omicida)

Non so manco più che ore sono. So solo che sono in ritardo.

contemplando dal sellino quel gigantesco ingorgo, mi viene il sospetto che quella non sarà una bella giornata. Ma solo il sospetto.

Attendo pazientemente che la folla sfili, ormai mi sono rassegnato. Non mi esce un lamento quando si scarica la batteria del lettore, non mi esce un lamento quando un piccione, sbucato dal nulla, mi si schianta sul casco .
Anzi, improvvisamente mi spunta un gran sorriso sulla faccia. Mi sto perdendo l’ora di quella gran stronza della professoresa di tedesco! Ne ha due, ma almeno la prima me la sono persa!

Arrivo a scuola fischiettando per quanto sono felice.
Mi avvicino alla classe così: 😀

Ma…ma….sento strani rumori…risate….urla…canti…
Entro in classe e mi trovo tutti i miei compagni che fanno il trenino e cantano: "Brigitte Bardò-Bardò…"
In fondo all’aula, in una taverna improvvisata, alcuni compagni brindano alla salute

Per la prima volta in 328 anni, la professoressa di tedesco è mancata. E io me lo sono perso.

"beh, poco male, penso. Festeggerò il doppio la prossima ora!".

E la prossima ora arriva. Sto per togliermi la maglietta e partecipare a una gara di limbo, quando, da fuori, qualcuno intona "la cavalcata delle valchirie" di Wagner. La scena degli elicotteri in Apocalypse now, per intenderci.

Passi pesanti rimbombano nel corridoio.

La luce si oscura.

Un armadio entra in classe.

"Salve. Sono il supplente della Professoressa di Tedesco. Mi chiamo Adolf Schwarzenegger. E amo l’odore degli alunni alla mattina.
Prendete carta e penna".

Tutti gli sguardi si voltano versano il rappresentante di classe. Anche il mio.
Ma il rappresentante di classe sono io.

Dico sottovoce "aspettate, vediamo che vuole fare. E’ tutto sotto controllo".

Adolf Schwarznegger vuole farci fare un compito in classe. Mi tocca intervenire.

Raduno tutto il mio coraggio. Mi alzo e vado alla cattedra. Guardo il professore con aria spavalda. Dico: "Ehi lei".
"Io?"
"si, dico proprio a lei. Vuole farci fare compito, eh? Pfff, se lo può anche scordare"
" ok ok come vuole mi scusi "

……..

oooooook, non è andata così…..
Alzo una mano tremante.
Il professore mi fa un cenno schifato.
"mi scusi non vorrei disturbarla mi scusi ma credo che ahem coff"

Il professor Adolf mi guarda. Io guardo lui.
"Come scusa?"
Inghiotto un grumo di saliva da 32 litri.
"Non…siamo…preparati…per un compito in classe…oggi la professoressa…doveva spiegare…."
"Ah davvero?"

"Già"
"E che cosa doveva spiegare? Dove siete arrivati?"
Sono sul filo del rasoio. Non studio tedesco da due mesi, non ho idea di dove siamo arrivati. Mi guardo attorno in cerca di aiuto. I miei compagni guardano tutti fuori dalla finestra, o sul pavimento.
Il professore mi guarda.
Ma io raduno tutto il mio coraggio! Ricambio lo sguardo e, sorridendo, mi gratto il collo con fare sbarazzino e deciso.
Forse dovrei tagliarmi le unghie più spesso.
O forse dovevo mettere meglio il cerotto.
Sta di fatto che, per la seconda volta, la giugulare mi si apre.
Ricordo solo un: che schifo!, pronunciato probabilmente dalla bionda del secondo banco.
Non so voi, ma a me è parso abbastanza imbarazzante sprizzare sangue come la Fontana di Trevi e inondare i primi banchi di sangue come una vacca indù durante un rito sacrificale.
Il ricordo successivo che ho è di me nell’infermeria della scuola.
L’infermiera (che sono certo, assolutamente certo, essere una bidella con un camice bianco) mi tiene una garza sulla ferita.
Apprendo che mi porteranno al pronto soccorso per mettermi dei punti.
Wow….sono le nove e mezza…il mio criceto è morto, ho rischiato di morire dissanguato come un vitello e ora mi devono mettere dei punti….

"Il cliente da lei chiamato non è momentaneamente raggiungibile, la preghiamo di richiamare"
Niente, nè mio padre nè mia madre erano rintracciabili.
Come avrei fatto ad andare all’ospedale?
<<Lo posso accompagnare io>>, dice una voce alle mie spalle.
Mi giro lentamente, con terrore. E’ proprio lui.
ADOLF SCHWARZENEGGER, in un impeto di altruismo e paternalismo.

Mi prende sotto la sua ala protettiva e mi accompagna verso la sua macchina.
Fiat 500.
Bianca.
Interni in pelle di camoscio squartato vivo.
Corna di bufalo sul cofano.
Palle di bufalo appese allo specchietto.
Dietro, la scritta: "Se stai leggendo, stai andando alla velocità del suono".

Mi accomodo. Anzi, mi "accomodo". C’è uno strano odore in quella macchina. Odore di animali sofferenti…di aragoste bollite vive…di dobberman scodinzolanti…

ADOLF, dopo essersi piegato in 14 pezzi (a mò di tetris) riesce ad entrare. Accende il motore.
Pare che i sismografi registrino una scossa tellurica in Estremo Oriente ogni volta che quella macchina si metteva in moto.

Cominciamo a camminare. Un autista nervosetto questo ADOLF. Non capivo cosa diceva, poichè urlava in tedesco, ma sono sicuro di aver visto a un certo punto, dopo una sua imprecazione, delle anime tormentate uscire dalle bocche del climatizzatore.

Un auto gli taglia la strada, facendogli trovare il rosso al semaforo. ADOLF scemde, sradica un ramo da un albero e lo lancia verso la sagoma dell’auto che si allontanava. Faccio in tempo a vedere una nube infuocata alzarsi in cielo.

Rientra in macchina sorridendomi.
"Metto un pò di musica, così ci rilassiamo."
Mette un cd nell’autoradio, una bestia da 4000 watt. Mi aspetto di sentir suoni di guerra.
E invece….

Gianni Morandi, "C’era un ragazzo che come me".

E fu così che per il resto della strada ebbi accanto ADOLF SCHWARZENEGGER che cantava con grande intensità Gianni Morandi, gesticolando come se fosse davvero sul palco. Quando la canzone finì eravamo di fronte all’ospedale. ADOLF aveva gli occhi lucidi.

L’ospedale….

Ho sempre avuto una sorta di terrore degli ospedali….avete presente le notizie che a volte vengono lasciati dentro ai pazienti degli strumenti chirurgici? Tipo garze, forbici…beh, a mio nonno (forse la buona stella non ha mai brillato sulla nostra famiglia  ) hanno lasciato dentro: TUTTO il macchinario per defribillare, un panino allo speck, un happy meal, un accendino (e noi che pensavamo soffrisse di aerofagia), e perfino un portafogli con carte di credito (il che fu l’unico motivo per cui il chirurgo accettò di ri-operarlo).
A mio padre non andò meglio….entrò all’ospedale per un dolore al calcagno, e lo operarono di appendice-lobotomia-vasectomia-sternocleidomastoideo. Surprised

E ora toccava a me.
Arrivo al pronto soccorso. E’ certo un luogo molto pulito.
Lì a destra una famigliola di topi un pò cresciuti banchettava col cadavere di un signore di mezza età ("sviluppo delle risorse umane", secondo la dirigenza dell’ospedale), a sinistra , dal tetto, gocciola uno strano liquido verdognolo che al contatto con il pavimento inizia a sfrigolare.
All’esterno i carri funebri fanno il giro della piazzola come avvoltoi, in attesa della prossima preda.
Al bancone un uomo con una spada conficcata nello stomaco si sente dire che deve aspettare il suo turno.

Dopo pochi minuti (sospetto che un breve ma intenso discorso tra ADOLF e il capo-infermiere avesse influito sui miei tempi di attesa) entro in ambulatorio.

Una giovanissima infermiera sta preparando le attrezzature. Sembra un pò goffa e inesperta. Carica il vassoio di tutta la roba che serve e intraprende il tragitto (mezzo metro) dal bancone al lettino. Avete presente la musica dei clown al circo? "pappaparaparappappaparaaa"…ecco. Ogni qual volta quell’infermiera si muove, parte da non so dove quella musica.

Entra il medico. Mi guarda, guarda l’infermiera.
"Penso che tu sia pronta. Vuoi metterglieli tu i punti?"
Io: -.-‘
Il medico: 😉
Lei: :-))

L’infermiera prende le pinzette in mano.

pappaparaparapappaparaaaaaa……

pappaparaparapappaparaaaa…l’infermierina si avvicinava con delle diaboliche pinzette al mio collo. Sembrava Nosferatu in persona che stava per bere il mio sangue. Chiudo gli occhi. Non ho il coraggio di guardare.
Dall’oltretomba una voce dice: "se ti fa male dimmelo."
Sento il suo alito su di me. Forse non farà così male.
penso a qualcosa di bello.
Il mare.
La montagna.
Una capretta che bruca l’erba.
Sento appena appena il tocco del metallo sul collo che il dottore esclama: "signorina! non così!".
Non oso aprire gli occhi. Sono certo che vedrei l’infermiera con una saldatrice a fiamma ossidrica.
L’infermiera si spaventa nel sentire il dottore dire così, e la mano le trema. Sento un dolore come mai prima d’ora. Con la bestemmia che ho pensato, un’intera razza (il lemure) si è estinta e un gattino si è suicidato impiccandosi.
Credo di essere svenuto. Da quel momento i miei ricordi si fanno confusi. So solo che l’infermiera non ha desistito, ma è stata aiutata dal dottore. Stavo decisamente male, ma sono sicuro di aver visto il dottore a torso nudo dietro l’infermiera, aiutarla a maneggiare gli arnesi, e in sottofondo la musica di Ghost. Solo che al posto dell’argilla c’era il mio collo.
Mi risveglio da sogni confusi. Ho un cerotto sul collo, e l’infermiera mi sorride.
Mi sento debole. Voglio solo tornare a casa e buttarmi sul letto.
Ma ADOLF SCHWARZENEGGER non è dello stesso avviso.
Forse memore di antiche sue usanze in terra di germania, o di sue scorribande all’oktoberfest, insiste nel dire che per tirarmi su ci vuole qualcosa di potente.
"Conosco un posto che è l’unico in tutta la città dove fanno qualcosa di DAVVERO potente. ya. Ora ci andiamo. ya. Così per domani sei in forma e potrai recuperare il compito. ya. "

Saliamo in macchina. Percorriamo chilometri su chilometri, e mi porta in zone della città di cui nemmeno sospettavo l’esistenza. Di quei posti in cui ti aspetti di vedere ad ogni momento simpatici signori in gessato e col sigaro in bocca. Uno di quei posti in cui prima che te ne accorgi ti rubano anche il dente d’oro. Uno di quei posti in cui non ti ritrovi una testa di cavallo nel letto. E’ il cavallo a trovare la tua testa nella sua stalla.
Ci fermiamo in Via Capone, all’incrocio con Via Riina.
Tra le nebbie emerge un locale…una piccola insegna.."Strudel", sottotitolo: "approvato dalla commissione igienica 1649."

ADOLF SCHWARZNEGGER sorride mi invita a entrare. Mi sembra di sentire un frenetico yodel provenire dall’interno.
Ho paura.

[to be continued…]

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