Husserl

Tra le opere più importanti di Husserl troviamo "Ricerche logiche I" e "Ricerche logiche II". Inoltre è fondamentale l'opera del 1931, "Meditazioni cartesiane". In quest'opera Husserl riecheggia il titolo dell'opera cartesiana, rappresentano il totale superamento del cogito cartesiano.
L'ultima opera che scrisse è "La crisi delle scienze europee", altra opera di notevole importanza. Quest'ultima opera è un opera incompiuta, a causa della sua morte.
Ci sono inoltre molti schizzi, molti appunti, che sono rimasti conservati nell'Università di Lovanio.
Husserl era un matematico, e solo in un secondo momento diventerà filosofo, come scolaro di Brentano, diventerà il padre della fenomenologia del '900, che è ben diversa dalla fenomenologia di Hegel. Non ha quindi nulla a che fare con quella fenomenologia che c'era nel sistema filosofico di Hegel.
Hegel si era occupato del manifestarsi storico dell'assoluto, quindi il manifestarsi dello Spirito secondo differenti tappe. Questo assoluto si manifesta in maniera dialettica nella storia.
L'unica cosa che hanno in comune la fenomenologia di Hegel e quella di Husserl è solo il nome, in quanto, come già visto, si tratta di due cose totalmente diverse.
La fenomenologia di Husserl, che rappresenta l'atteggiamento fondamentale implicito in tutte le filosofie del XX secolo, rappresenta lo studio, l'analisi, eidetica (da eidos, forma, idea) delle strutture significanti della coscienza, intesa come coscienza intenzionale. Non è né una psicologia descrittiva, né un analisi trascendentale delle facoltà umane; la fenomenologia di Husserl è una filosofia teoretica. Husserl con quest'analisi mira a cogliere in maniera eidetica (e non trascendentale) i modi di essere essenziali della coscienza, la cui conoscenza si ottiene attraverso una tecnica che non è husserliana, ma attraverso l'epochè fenomenologica, la sospensione del giudizio sul mondo.

Il primo Husserl, quello delle due "Ricerche logiche", cerca di recuperare all'interno della logica empirica una logica pura, l'ossatura formale delle operazioni mentali, per cercare di scoprire dietro di esse i modi essenziali della coscienza. Perché ritiene che attraverso la purezza formale possano manifestarsi fenomenologicamente i modi essenziali eidetici. Quando cerca di far emergere questi modi essenziali della coscienza, si sta anche allontanando chiaramente dalle intenzioni e dall'atteggiamento della psicologia descrittiva, in quanto invece quest'ultima si limita solo a descrivere i comportamenti psichici a partire dai loro effetti, Husserl fa fenomenologia. Per tale motivo la sua filosofia è una ricerca eidetica, e non una psicologia.
La fenomenologia husserliana non deve essere confusa con l'indagine psicologica sulla coscienza. A differenza della fenomenologia la psicologia si limita a considerare gli eventi psichici come dei fatti naturali che avvengono nel tempo. A differenza della psicologia descrittiva Husserl mira a indagare i modi essenziali della coscienza, mentre la psicologia si occupa degli eventi naturali nel tempo. Si ripropone di indagare quindi non ciò che nella coscienza varia, ma ciò che nella coscienza rimane costante.

La psicologia non può cogliere l'essenza della coscienza. Inoltre non si occupa di quei modi in cui alla coscienza stessa sono dati i suoi oggetti reali o possibili. Fare fenomenologia significa indagare anche i modi in cui gli offrono alla coscienza. Ad esempio i modi del percepire, dell'immaginare, del ricordare, etc. L'oggetto è il modo in cui tale cosa si offre alla coscienza dell'osservatore.
La coscienza come intenzionalità, essendo coscienza di qualcosa, è sempre sia una realtà soggettiva che oggettiva. Non esiste un oggetto se non in relazione della coscienza.
Husserl dice che la coscienza non va considerata né come il cogito cartesiano né come l'io penso kantiano, ma rappresenta un successivo superamento di questi due. La coscienza è strutturalmente estroflessa, aperta verso l'esterno; non è prima chiusa in sé stessa e poi va ad aprirsi, ma essendo intenzionalità, è già apertura verso l'esterno. La coscienza è un oltrepassamento continuo, è trascendenza continua.
Nell'atteggiamento naturale si perde di vista il mirante, e ci si accorge solo del mirato. Non si nota il mezzo, che passa in secondo piano. Ad esempio, nel guardare la tv, si vedono le immagini che proietta, e non la tv come mezzo.
La fenomenologia vuole recuperare l'atto della costruzione del significato del mondo. Ad Husserl interessa quindi il significante, attraverso il quale si costruisce il mondo, nel quale poi si vive in base ad un atteggiamento che non è quello fenomenologico, ma naturale.
Ad esempio, quando si mira qualcosa con il dito, chiunque vede la cosa mirata e non il dito che indica. Bisogna, secondo Husserl, tornare ad interessarsi di come è fatto il dito che mira gli oggetti.
A quest'idea di coscienza Husserl vi arriva attraverso l'epochè, sospendendo l'atteggiamento naturale alla ricerca di quello eidetico. La coscienza va intesa nel senso di residuo fenomenologico, che emerge dall'epochè stessa.

L'intenzionalità
La coscienza da un punto di vista soggettivo è fatta da atti della coscienza (il ricordare, il pensare, etc.). A ben guardare, questi atti di coscienza sono sempre i modi di datità degli oggetti della coscienza. Quelli che sono gli atti della coscienza sono contemporaneamente anche i modi di datità degli oggetti della coscienza, e per questo motivo la coscienza è apertura originaria verso l'esterno. Come potrebbe esserci un pensiero se non ci fosse un pensato?
La coscienza è intenzionalità, è coscienza "di", nel senso che ogni sua manifestazione (ogni pensiero, fantasia, emozione, etc.) si riferisce a qualcosa di diverso da sé (un oggetto pensato, fantasticato, sentito, etc.).
Siccome la coscienza è sempre coscienza di qualcosa (ogni cogito ha sempre il suo cogitato), l'analisi della coscienza coinciderà con l'analisi degli atti attraverso i quali ogni coscienza si rapporta ai suoi oggetti. Non è quindi un mondo chiuso in sé stesso, come era invece per il cogito cartesiano, il quale dovrà ricorrere all'idea di Dio per mettere in correlazione il cogito con i suoi oggetti, fondando sulla metafisica la sua fisica.
Nella coscienza husserliana, invece, si ha a che fare con una coscienza che per sua natura è da sempre aperta verso l'esterno. Analizzare la coscienza, quindi, significa anche analizzare gli oggetti, i significati della coscienza. La coscienza dà senso a tutto ciò che mira, è quel luogo all'interno del quale si produce la significazione. Gli oggetti sono i significati di quella coscienza, la quale è il significante che dà significato agli oggetti.
Husserl nel parlare di intenzionalità si rifà soltanto nominalmente all'idea scolastica dell'intenzione.
La coscienza non è che l'atto di trascendere sé stessa, e nell'oltrepassarsi costituisce gli oggetti, e nel dare senso agli oggetti in realtà costituisce anche sé stessa. È proprio questo processo che rende possibile la coscienza "di", che è insieme sia noesi, sia noema. Noesi è l'atto del pensiero, Noema è il prodotto del pensiero.
Il pensiero è contemporaneamente sia pensiero, sia il suo prodotto. Per Husserl la coscienza in quanto intenzionalità è sempre sia noetica che noematica. La noesi e il noema non sono assolutamente separati ma si formano reciprocamente.
Bisogna distinguere sempre la direzione verso l'oggetto, il mirare, che per Husserl è noesi, l'atto della coscienza di dirigersi verso l'oggetto (es: il pensare, il ricordare, il volere, il percepire, etc.); con l'oggetto che viene visto nei suoi modi di essere dato, detto noema.

 

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