A volte la storia ti sfiora

Giovanni lavorava alle ferrovie ma non era un ferroviere qualunque.
Aveva frequentato il primo corso in Italia come macchinista elettrico.
In tutto erano quaranta giovani, i primi che avevano capito che le locomotive a vapore sarebbero piano piano scomparse.
La vita dei conduttori elettrici era tutta diversa dagli altri macchinisti.
Quei treni correvano molto di più delle sbuffanti locomotive e allora erano destinate ai lunghi tragitti. Milano-Centrale …Napoli-Piazza Garibaldi, poi si dormiva nell’albergo vicino alla stazione e l’indomani magari si faceva prima Venezia-Santa Lucia e poi Genova-Brignole, altra sosta e così via fino alla fine della settimana.
Se non si era di turno allora si tornava a casa e il Lunedì si ricominciava.
Un’altra caratteristica era il fatto che questi giovani giravano e si incontravano periodicamente sui treni e nelle stazioni di tutt’Italia.
Era un periodo nel quale incontrarsi e parlare dava adito a sospetti e poi pareva che le ferrovie fossero il covo dei socialisti italiani.
Forse quest’ultima osservazione non era solo una paura del regime.
In quel gruppo erano infatti quasi tutti socialisti.
Durante gli incontri che Giovanni aveva con suoi colleghi si parlava di tutto ma con alcuni il campionato di calcio e le famiglie venivano subito liquidati per passare a chiacchiere più interessanti. Poi, con noncuranza, un giornale passava di mano, dentro c’erano documenti o volantini pronti a viaggiare in un’altra città.
Più delle parole era importante ciò che non si diceva o solo ciò che si sussurrava.
Un giorno arriva una grande notizia:
 
Hitler viene in visita a Roma.
 
Tutti capirono al volo che non avrebbe preso un treno trainato da una sbuffante locomotiva ma da un modernissimo locomotore.
Capirono anche che sarebbe stato uno di quei quaranta giovani che avrebbe condotto quel treno. E per incanto finiscono le riunioni e i manifestini passati di mano in mano.
Ci si guarda solo e si aspetta.
Giovanni e qualcun altro studiano i turni e i riposi e tentano di individuare chi sarà a guidare quel treno. Ce la fanno. E’ De Marzio.
         E’un bravo compagno saprà cosa fare.
Mormora qualcuno sul marciapiede di Torino Porta Nuova.
Nessuno ne parla ma tutti lo sanno, tutti tentano di incontrare lo sguardo di De Marzio e lui una sera, alla stazione di Firenze-Santa Maria Novella, in mezzo a tanti colleghi, mentre si parla di cinema:
         Tranquilli colleghi, voi dovete stare tranquilli, avete capito? Tranquilliiii.
Quelli che dovevano capire capirono. De Marzio era pronto e deciso.
Tre giorni prima della data fatidica, le ferrovie cambiano tutti i turni, una rivoluzione completa. Non tocca più a De Marzio.
Ognuno si mette a tavolino a studiare ed esce sempre lo stesso nome: Giovanni.
Bisogna avvicinare Giovanni, è lui che porterà Hitler in Italia, che pensa di fare?
Lo capirono subito tutti.
Una sera, alla mensa di Roma Termini, Giovanni, prima della frutta, si alza e:
         Tranquilli colleghi, dovete stare tranquilliiii, avete capito?
Certo che capiscono, ha usato le stesse parole di De Marzio ma Giovanni ha tre figli e allora:
         Giovanni come stanno i tuoi figli?
         Stanno bene e non c’entrano nulla in questa storia.
         Senti Giovanni, noi avremmo pensato che…
         Colleghi stiamo perdendo tempo. State tranquilli e basta. Chiuso.
Due giorni d’inferno poi la sera, prima del trasporto di merda, Giovanni saluta la sua Anna e i suoi figli.
Di nascosto di tutti mette una lettera nel comò della biancheria e parte per Milano Centrale. All’uscita della mensa un collega sconosciuto lo avvicina:
         Il terzo segnale a Nord di Bologna si guasta spesso. A volte tu lo vedi verde e invece butta su un binario morto. Dopo quel semaforo tu in qualche modo puoi scendere…puoi buttarti, ci siamo capiti? Sempre meglio che…
         Tranquillo, ho capito.
Giovanni sapeva il fatto suo ma…
Due ore dopo Giovanni, mentre sale sul locomotore, viene fermato dalla milizia e portato in direzione.
Ne esce dieci minuti dopo, sta piangendo. Il Prefetto ha deciso che quel treno lo guideranno i militari del genio. I colleghi gli si fanno incontro, piangono e si abbracciano.
E’ un pianto senza freni di chi è cosciente di aver fallito l’appuntamento con la storia, la Storia che continua e peggiora mandando in rovina milioni di persone.
 
Io questa storia non me la sono inventata. E’ una storia vera.
 
 
 
Giovanni era mio nonno.
Socialista.
 
 
 
E, fino al giorno della sua morte, pianse l’occasione mancata.
Noi, nipoti, ogni volta che ascoltiamo “ La Locomotiva “ di Guccini,
pensiamo a nonno Giovanni.

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