Cattive frequentazioni

Marino va dalla chiromante. Lei, tutta presa nella parte, gli stende la mano, se l’avvicina al viso e sbianca:
      Merda, merda veramente
     –      Oh non dica così, signora chiromante, non dica così se del mio futuro, mi
            spaventa…
           Ma no, dicevo, merda, QUESTA MANO PUZZA ORRENDAMENTE DI
       MERDA. Dove l’ha tuffata in un cesso?
 
Marino avvicina cautamente la sua mano al naso e:
      Ha ragione, è merda pura; ma le assicuro che non mi sono grattato il…
E Lei, stoppandolo con uno sguardo fulminante:
                       –     Lo credo, lo credo bene…ci mancava anche questa…
      Eppure non ho fatto nulla che…
      Non avrà mica stretto la mano al Sindaco?
      Ma porca…si è vero, ma lei è una vera indovina..
      Lasci stare. E’ che una vera puzza di merda riesco ancora a riconoscerla.
      E adesso passiamo all’interpretazione del futuro…
      Il futuro del signor sindaco?
     –      Giovanotto, non faccia lo spiritoso. Il futuro di quel pezzo di merda è
            simile a tutti gli altri stronzi par suo. Non ci vuole nessuna arte divinatoria.
       Finirà in un tonante gorgoglione e invano si aggrapperà alle pareti di
       ceramica di uno scivolosissimo sanitario. Andrà dove deve e dove lo
       attendono.
Piuttosto passiamo a lei.. E a Marino che le tendeva la mano
      Lasci stare, piuttosto le leggo il gomito ma…non ne ho bisogno..
          Lei ha delle cattive frequentazioni. Si guardi dalle cattive frequentazioni.
          Segua il mio consiglio.
          E si lavi la mano.
Lui stava per chiedere…ma…
      All’uscita troverà un tavolino, ci metta su 50 euro. La saluto.
Marino si alzò tristemente sorpreso dalla brevità del consulto ma non ebbe il coraggio di dire altro che un flebile: Grazie, la saluto. 
Scendendo le scale tirò le somme dell’esperienza appena conclusa.
Aveva 50 euro in meno ma, insomma forse aveva ragione la chiromante.
Evitare le cattive compagnie forse era un buon punto d’inizio, si, forse poteva cominciare da lì.
Decise che avrebbe cominciato da lì, non fosse altro che per dar un senso ai 50 euro abbandonati sul tavolino.
Non avrebbe frequentato più neanche quelle idee stronze che ogni tanto gli frullavano nella testa. Avrebbe cominciato subito, da adesso.
Tornando a casa rifece la stessa strada e il destino gli preparò subito un esame.
Anzi, l’esame di maturità.
Vide, dall’altra parte della piazza, il sindaco che procedeva, incedeva, avanzava sul marciapiede opposto. Decise di fare, prima di tutto il test dell’appello.
Un test decisivo.
La cosa è questa. Se chiamate qualcuno per strada lo vedrete voltarsi verso di voi con un movimento naturale, banale nella sua semplicità. Ma provate a chiamare un politico, un sindaco, per esempio. Non ruoterà il collo verso di voi e neanche il tronco.
Per guardare nella vostra direzione sposterà l’intero corpo.
Il collo e il tronco di un sindaco sono rigidi. Devono dare un segnale di rigidezza, fisica e morale, di risolutezza massiccia priva di ogni elasticità.
Si tratta di somatizzazione del messaggio da trasmettere.
Vagli a spiegare che l’intelligenza è flessibilità, il coglione risoluto tenta di esprimere anche col corpo la sua risolutezza con esiti irresistibilmente comici. Questo strano balletto viene eseguito con molta serietà e con le braccia rigorosamente adiacenti al corpo. Un sindaco non gesticola, a lui basta lo sguardo, intenso e carico di significato.
 
Marino fece di tutto per attrarre la sua attenzione, lui lo sentì, cominciò la sua rivoluzione corporea senza partecipazione di snodi fino a che inquadrò la fonte della voce nel suo campo visivo poi, senza neppure tentare di riconoscere chi fosse, gli fece un cenno carismatico e democratico insieme, e gli sorrise.
Allora Marino, con le mani ad imbuto gli urlò :
Signor Sindacooooooo, vada a fare in culooooooooo.
 
Aveva cominciato subito e bene. Era fiero di se e cominciava la nuova vita.
Il Sindaco, per evitare che lo spirito emulativo dilagasse tra i suoi concittadini, fece finta di nulla, come se la cosa non lo riguardasse e, dopo un affrettato cambio di direzione, riprese il suo incedere.
Ma, dai tavolini del bar affianco, qualcuno vide che stringeva il manico della borsa con rabbia e che il suo procedere aveva perso autorevolezza. Inutile dissimulare.
La cosa si seppe e si riseppe e, per mille rivoli, arrivò a palazzo.
Si tentò di spiegare in termini politici il comportamento “ Del folle ? Dell’oppositore politico ? “ Bho. La segreteria politica fece di tutto per tradurre e ridimensionare in termini politici l’accaduto. Ma il fatto era che se una cosa non ha spiegazione, come fai a manipolarla e a distorcerla a tuo vantaggio?
E poi, diciamo la verità, un vaffanculo rimane sempre un vaffanculo.
Neanche la segreteria politica di Churchill avrebbe potuto fare qualcosa.
E la segreteria del sindaco era tutt’altra cosa: tre tromboni sfaccendati messi in libertà ( cioè licenziati per scarso rendimento) dalle cooperative. Costoro avevano, agli occhi del sindaco, un’unica impareggiabile qualità: quella di essere più coglioni di lui.
Insomma si viaggiava al limite del Guinnes dei primati.
A ripensarci era una cosa umana, troppo umana ( colto la dotta citazione ? ) perché in teatro la vedette è sempre più bella delle ballerine di fila e quindi ogni politico deve essere più “ politico “ del suo portaborse che però, in una corsa senza fine deve per forza imitarlo per essergli gradito.
L’esame di idoneità dei segretari e portaborse è sempre lo stesso.
Bisogna osservarli se, dopo una settimana, cominciano a camminare come lui, a usare i suoi intercalari, e soprattutto le sue pause. I loro capelli cominciano ad avere una piega familiare, un dejà vu.
Il politico ogni tanto controlla i camaleonti e se ne compiace.
Inconsciamente beato di quel gioco zelig, riconosce e rinforza tutti quei comportamenti che in fondo sono i suoi. Insomma si autopremia. E più le cose vanno avanti e più gli Zelig accentuano le caratteristiche che assorbono dal loro modello e lui mica può rimanere indietro, essere l’ultimo del gruppo e allora anche lui accentua le sue caratteristiche per rimanere primo.
Dopo qualche settimana sono tutti la caricatura di uno stronzo che fu.
Il ruolo dei consiglieri presenta degli aspetti di esilarante comicità.
Per statuto sono addetti a consigliare il politico ma, per difendere il loro piatto di minestra, devono per forza offrire consigli che non dispiacciano al capo. E soprattutto non ne devono darne troppi altrimenti lui si alza e gli dice: vuoi sederti tu al mio posto visto che sai tante cose? Magari facendo seguire alle parole il licenziamento. E allora danno pochi consigli, naturalmente quelli che il capo ha già implicitamente suggerito con i suoi comportamenti e soprattutto, ecco il pezzo forte, come tutti i collaboratori ascoltano i consigli del capo, sopravvalutandoli sistematicamente. L’unico momento nel quale consigliano veramente è quando trattano con i sottoposti ( ma, in questo caso, si chiamano ordini ) il risultato è che dispensano consigli a tutti tranne a colui che ne avrebbe davvero bisogno. O K. Geniale.
Ora io qualche politico lo conosco, lo devo conoscere perché..
( ho sempre fatto …. )
Nella loro minima micro consapevolezza possono anche risultare mediamente simpatici ma il problema è che, se li frequenti, ti autorizzano a nutrire, dentro di te, fortissimi complessi di superiorità. E allora ti alzi al mattino e proclami con voce stentorea: Domani costruisco le piramidi, o fondo una nuova religione o, meglio, io sono la nuova religione.
Poi ti guardi allo specchio e ti dici: cazzo come sono malato, maledetti politici mi state rovinando. E allora scendo e vado al mercato del pesce, vado a riconquistarmi la realtà. Solo che i pescivendoli di oggi lo sai come sono fatti, appena ti vedono cominciano a parlare delle solite cose, di cose normali e belle come Erasmo da Rotterdam, Aclito di Mesopotamia e via dicendo.
Se però ti vedono proprio preoccupato ti aiutano volentieri:
     –    Non si preoccupi dottore, non è cambiato nulla, lei è il solito stronzo di sempre, on è cambiato nulla, ma eviti le cattive frequentazioni.
Lui ha ragione ma io tento lo stesso una difesa:
    Lei fa presto a dirlo, ma io che ne sapevo, per esempio, che mio cognato si presentava alle elezioni in una lista civica?
    E io che ne sapevo che mia moglie diventava zoccola? E’ la vita signore, funziona così, ci sorprende sempre e bisogna adattarsi. Venga, le offro un caffè.
Finisce sempre così, col mio pescivendolo, davanti ad una tazzina di caffè.

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *