Anche il pin’occhio vuole la sua parte – Capitolo 19 di 37
…Fumavano come Turchi. Alla fatina buona vennero i capelli “turchini”…
In quel mentre che il povero Pinocchio, impiccato dagli assassini, pareva morto, la bella bambina dai capelli turchini si affacciò daccapo alla finestra. Dall’altra stanza si udiva un gemito di dolore; un uomo stava “schiacciando” un pisolino…
La fatina buona, cioè la bambina, aveva il busto assai piccino. Ma d’altronde si sa, era una scelta di “vita”. Quando la fatina vide il burattino sospeso per il collo, si impietosì e chiamò a se un grosso “corbo”, ossia un corvo ceco dalla nascita.
Non vi dico quel che accadde dopo… Al gran rumore d’ali che volavano in foga precipitose, seguirono una serie di catastrofi e calamità naturali!
-Ohibò!- Esclamò la fatina –Adesso ho capito perché chi mi ha venduto il volatile ha detto: -E’ così bello che è “la fine del mondo!”-
In quel mentre passava nella strada un carro di bestiame. Il carro era pieno zeppo di maiali provenienti dal Cile; non a caso quei maiali andavano a formare un por-cile.
Ma torniamo alla nostra storia. Il corbo era disoccupato, infatti era da tempo che non vedeva il “becco” di un quattrino. Giunto finalmente dalla fatina esclamò:
CORBO: Che cosa comandate mia graziosa fata?
FATA: Vedi, ehm cioè, la fuori c’è quel burattino appeso al ramo. Vai a prenderlo. Ma quando ritorni fai attenzione a non scivolare, l’ape ha appena dato la “cera” nel pavimento.(Si chiamava così perché, quando scivolavi, sbattevi appunto il…mento.)
CORBO: Uffah! E perché non ci mandi il cuoco?
FATA: Da quando è in cucina non ha più un “secondo” per me.
CORBO: Allora manda il cane a prendere quel burattino.
FATA: Purtroppo il cane ha il problema delle pulci!
CORBO: Ah si? E che problema hanno le pulci?
All’ennesima idiozia che uscì dal becco del volatile, la fatina buona perse le staffe e cadde da cavallo; ma nonostante questo indirizzò la sua bacchetta magica al corbo e lo costrinse ad ubbidirla.
Ebbene si, la fatina buona lo comandava a “bacchetta”…
Fu così che il corbo volò via a prendere il burattino. La casa della fatina dai capelli turchini era abitata da strane creature. Viveva un animale metà orso bianco e metà pollo, era un “orso pollare”. L’orso beveva poco vino, per questo era soprannominato “s’orso di vino”. Oltre agli insetti di vario tipo vi erano molte “bietole”. Queste ultime erano appena state dal parrucchiere, prima erano barba-bietole.
La fatina aveva anche un bel dalmata, quando gli dava da mangiare, gli metteva un bavaglio per non macchiarsi. Inoltre vi era un picchio rosso ed un “picchio tutti”. Il picchio tutti viveva chiuso in gabbia a causa della sua vivacità eccessiva.
Quando finalmente il corbo fece ritorno dalla fatina, le disse che non riusciva a trasportare il povero Pinocchio.
–Ho rischiato di “beccarmi” una bella multa!- Disse l’impaurito uccello. –Mentre attraversavo la strada per il bosco non ho visto, stranamente, che il semaforo era rosso.
Allora la fata, battendo le mani insieme, fece un colpo solo cioè un applauso.
Se i colpi fossero stati due, sarebbero risultati due applausi e così via…
In quel mentre apparve un magnifico “scippopotamo”; così chiamato a causa del suo vizio di derubare gli altri. Il pachiderma presentava strane macchie sulla pelle, si supponeva infatti che avesse la “pachidermatite”. Dovete sapere, cari lettori, che questa malattia altro non era che un problema ricorrente nell’antica Roma; derivava dall’uso frequente ed indisciplinato delle mine usate nella scrittura. Per l’appunto prese il nome di malattia “der-matite”.
Lo scippopotamo era vestito da cocchiere, non a caso era il…cocco della fata.
Aveva in testa uno strano turbante, per il quale ne era molto turbato. Era un copricapo formato da un lenzuolo, sotto il quale viveva un uomo di età avanzata. Si pensava fosse un suo ex datore di lavoro.
Sotto il copricapo teneva una parrucca. In famiglia, infatti, avevano il vizio di essere calvi, o meglio conosciuta come “cal-vizie”. Non portava mai con sé l’ombrello per paura che si bagnasse. Inoltre il pachiderma portava al collo due pietre preziose, uno zaffiro e una giada. Il problema era che lo zaffiro, preso da sfrenata gelosia, accusava la bella giada di avere un “di-amante”…
-Su da bravo, Pratarcarlo!- disse la fata allo scippopotamo. –Fai subito attaccare la più bella carrozza e prendi la via del bosco, ma ricordati che a fine giornata dovrai restituire la “via del bosco” ai legittimi proprietari. Raccogli il burattino e portamelo qui.
Di lì a poco, si vide uscire una carrozzina con al suo interno una bella mozzarella, la famosa “mozzarella in carrozza”. La carrozza era trainata da dieci tassi e due donnole, le quali non stavano zitte un solo istante. Un tempo i tassi erano cinquanta, ma poi il personale fu drasticamente ridotto. Questo fu causa di un crescente “tasso” di disoccupazione.
Non bisognava escludere il fatto che, sopprimendo gran parte dei poveri tassi, si poteva tranquillamente ridurre le “tasse”. I tassi erano attratti dalla spiccata femminilità delle, appunto, donnole, le quali amavano essere corteggiate. Non a caso quella era una carrozza di…corte. Il pachiderma visto che il tempo non prometteva nulla di buono si prese con se un osso. Conosceva il detto “osso di sera, bel tempo si spera!”.
Viveva nella villa della fatina anche un cane. Esso sbarrava la strada a chiunque cercava di entrare. Non a caso era un “can-cello.” Fra l’altro il giardino della fata era diviso in due. Da una parte i papaveri e dall’altra, ahimè, coloro che si credevano “Papi” ma in realtà erano impostori, i papafinti.
Non era ancora passata una mezz’ora, che la carrozza tornò e la fata corse a ricevere il povero burattino. Pinocchio pareva morto, così la fata mandò a chiamare un elefante. L’elefante, che fino a quel momento era intento a dondolare su di un filo di ragnatela, era una lei. Infatti era un’ “elefant-essa.” Il grosso animale, felice e contento, andò a chiamare un altro elefante. Alla fine gli elefanti erano così tanti da formare un esercito: un’ele-fanteria.
Alla fine, stanca e sbalordita dalle numerose idiozie che si susseguivano nella casa, la fatina mandò a chiamare i medici più famosi del vicinato.