Anche il pin’occhio vuole la sua parte – Capitolo 18 di 37

C’era un tale che ogni anno andava al mare. Giunto in spiaggia, piantava il solito ombrellone. Ma l’anno venturo, di ombrelloni, non ne nasceva neanche uno…

In men che non si dice, il povero pino cominciò a bruciare e a divampare. Pareva una candela la quale, parlando con un’amica, diceva entusiasta: -“Per fortuna che io non “cero”!”. Il pino era conciato proprio male…
Fu proprio in quel momento che l’atmosfera, resa calda dalle fiamme, si interruppe al sopraggiungere di una pavida gallina impaurita. Il volatile alla vista di tanto fuoco ebbe una tale paura che, ahimè, non poteva “farsela sotto”…
Nel frattempo gli assassini cominciarono a prendere in giro il povero burattino; si misero a ballare e a cantare a tutto spiano, un celebre motivetto napoletano: -“Fiamme! Fiamme! Fiamme-iamme-ià!!”-
Pinocchio, vedendo salire le fiamme, spiccò un bel salto e si trovò su di un ciliegio dai frutti assai maturi. Le ciliegie, prese da gran spavento, si tenevano per mano ed in fila indiana si seguivano a vicenda: d’altronde si sa, una ciliegia “tira l’altra”.
Infine il burattino saltò giù di vetta e riprese la sua lunga corsa. E gli assassini dietro, sempre dietro, senza stancarsi mai.
Sembrava di assistere ad una gara tra l’olio di ricino, l’olio di oliva e l’olio di semi di mais. Le famose “oli-mpiadi”.
Finita la lunga corsa, Pinocchio arrivò per primo all’estremità di un fosso dopo circa tre ore e quaranta minuti; il secondo, il gatto, dopo quattro ore, mentre per il contorno stiamo ancora aspettando…
Il clima era assai temperato, infatti le alpi erano appuntite.
Al calar della sera i nostri eroi erano ancora intenti a darsela a gambe. Allora il burattino, persosi d’animo, vide albeggiare da lontano una fioca luce che biancheggiava da una piccola casina. Correndo all’estremo delle forze si trovò di fronte un tempio greco meraviglioso. Vicino all’entrata al tempio, sotto la volta, vi erano degli sconosciuti che si prendevano a botte; infatti era una volta a “botte”…
Il tempio cominciò a parlare al burattino in modo strano e bizzarro. Le sue frasi erano sconnesse e piene di pessimismo:
-Tra poco viene a piovere, cosa ci fai qui di notte? Non lo sai che domattina farà molto freddo e la neve ti coprirà il capo? Va via da qui, prima che un gelido vento ti scaraventi chissà dove!-
-Ahimè- Pensò Pinocchio, -Sono proprio le “previsioni del tempio”.-
E gli assassini sempre dietro…
Giunto finalmente alla porta della casina, Pinocchio cominciò a bussare. Nessuno rispose. Dalla finestra che dava alla cucina si intravedeva un uomo; indossava una maglia di lino, si vede che gliela aveva prestata, boh chissà? L’uomo era intento a piantare un quadro al muro con un chiodo di garofano.
Pinocchio esclamò: -Signor barone mi apra per favore!-
-Come ti permetti?- Rispose l’uomo, -Io non sono un barone, quando gioco sono leale!-
Pinocchio tornò a bussare con più fermento. Allora si affacciò alla finestra una bella bambina la quale, siccome si era ingoiata per sbaglio il depilatore della mamma, non aveva “peli” sulla lingua.
BAMBINA: Cosa vuoi a questa ora, sei scappato da una vetrina di manichini per caso? Qui non abita nessuno, questa è una scuola.
PINOCCHIO: Ma perché le aule sono così buie?
BAMBINA: E’ colpa dell’e-classi di sole. Adesso vattene che qui sono tutti morti, la casa è stata rilevata da una padrona di pompe funebri, la signora Bar-bara.
PINOCCHIO: Ma scusa, vedo che nella sala c’è una donna intenta a dare il bianco.
BAMBINA: E allora? E’ mia madre. Non la conosci la canzone che ha per ritornello: “I figli crescono, le mamme imbiancano”?
PINOCCHIO: Aprimi almeno tu.
BAMBINA: E che sono un chirurgo? Non lo vedi che sono morta anch’io?
PINOCCHIO: Ma come morta? Come fai a stare li allora?
BAMBINA: Sto aspettando la bara che mi venga a prendere, lo so che è in ritardo, ma sbagliando si im-bara!
PINOCCHIO: Ma non hai paura degli assassini? Ti potrebbero mangiare!
BAMBINA: Uffah! Ho detto che sono morta non “morta-della”.
PINOCCHIO: Perché la tua casa non ha la cinta tutto intorno?
BAMBINA: Mio padre era un grande direttore d’orchestra ed odiava lo “steccato”. Ora vattene che è da ieri che aspetto il postino e ancora non si è fatto vedere.
PINOCCHIO: E già, ti ha tirato proprio un bel “pacco postale”. Comunque se capiti dalle mie parti, fatti “viva”.
Appena detto questo la bambina disparve e la finestra si rinchiuse senza far rumore. Pinocchio non potè proferir parola che sentì afferrarsi per il collo.
-Ora non ci scappi più!- Urlarono gli assassini. –Farai la fine dell’isola che si squagliò al sole, l’isola di “creta”. Vedi caro Pinocchio, a forza di fare domande a bruciapelo hai preso fuoco! Ah, ah, ah!- E scoppiarono in una scrosciante risata. Ma nonostante la loro insistenza Pinocchio non cedeva alle provocazioni.
-Ho capito;- disse allora uno di loro –Bisogna impiccarlo! Forza impicchiamolo!-
Pinocchio cominciò ad ansimare per la gran paura ed il gatto lo rimproverò a tutto spiano.
-Non crederai di farmi compassione. Smettila di fare le puzzette per la gran paura, altrimenti dirò alla befana di portarti il “carbone vegetale”.- Detto fatto, gli legarono le mani e passatogli un nodo scorsoio lo attaccarono penzoloni al ramo di una grossa quercia.
-Porta pazienza, Pinocchio, fra qualche ora sarai belle che morto-
-Sig-, rispose singhiozzando il burattino, -Il problema è che non so dove devo “portare pazienza”, visto che sono qui appeso, ecco!- -Uffah!- Esclamò il povero burattino, -Nessuno mi capisce, nessuno mi comprende; mi sento come quel prete il quale era “Fra-inteso…”-
-Adesso smettila di frignare!- Gridarono gli assassini, -Farai scappare tutti gli uccellini, non hai rispetto per la natura? Ora andiamo a chiamare l’incredibile Hulk e ti facciamo picchiare, non lo sai che lui ha il “pollice verde”?-
-Non è giusto però- Annuì il burattino –Mi sento come un mazzo di carte, tutti si prendono gioco di me…-
Fu così che gli assassini si misero seduti sull’erba ad aspettare la morte del povero burattino. Il burattino dopo tre ore pareva morto, ma in realtà cadde in un sonno profondo e cominciò a sognare di nuovo.
Si trovò in una valle sperduta alla sommità di un enorme precipizio; dietro di lui un grosso solido che rotolava verso di lui. Questo tremendo coso sinistro aveva sei facce tutte uguali; quale tragica fine per Pinocchio? Ma d’un tratto riprese conoscenza, si svegliò e pensando tra se e se disse: -Sono stato vittima di un terribile “in-cubo”-.
Al suo risveglio il burattino pensava alle sane parole del suo babbo:
-Una volta avevo due amici “dadi”. Il mio babbino diceva di non mi fidarmi di loro, aveva proprio ragione; erano solo dei “voltafaccia”. O povero me- Pensò ancora il burattino, -Se avessi dato ascolto al grillo parlante, avrei portato le monete al mio babbo. Ora si che oltre che babbo sarebbe na-babbo, ecco…
Da lontano si scorgeva un mezzo agricolo dall’andatura molto lenta. Non sappiamo ancora che fine ha fatto l’altra metà del veicolo; ma, proseguendo con la storia, questo veicolo ogni ora copriva un tratto di strada.
Ebbene si era proprio un…tratt-ore…
Annoiati finalmente di aspettare, gli assassini se ne andarono con la speranza che entro l’indomani il povero Pinocchio sarebbe morto.
–Guarda!- Disse la volpe, -Una centrale nucleare; ecco da dove venivano tutte quelle notizie di cronaca che sentivamo da lontano.
-Ma che scoperta!- Rispose il gatto –Non lo sai? La centrale è radio-attiva.-
Intanto il povero Pinocchio dondolava irrequieto, scosso dal vento pareva una pignatta; il nodo scorsoio si faceva sempre più stretto e mortale! Fu così che al burattino parve di sentire l’avvicinarsi della morte in persona.
La morte aveva sembianze scheletriche e passo felpato, dopo essersi tolta la felpa per il caldo afoso, si fermò guardinga ai piedi del burattino…
MORTE: Povero Pinocchio, anch’io lavoravo a tempo pieno. Poi è successo qualcosa, forse una crisi e adesso mi hanno messo in “cassa”(da morto).
PINOCCHIO: Vattene via da qui, scheletro della morte, ci sono gli assassini e potrebbero farti la pelle!
MORTE: La pelle? Magari! Piuttosto quando ti decidi ad emettere l’ultimo respiro? Adesso mi sono proprio “rotula” le scatole!
PINOCCHIO: Vattene via! Fra poco verrà a piovere e non fa bene alle “ossa”; non hai neanche il cappuccio.
MORTE: Peccato, l’ho appena bevuto al bar… E poi, capirai, in mezzo a questo tempio, con tutte queste colonne gotiche io mi sento una colonna “vertebrale”.
PINOCCHIO: Scommetti che indovino il tuo gruppo musicale preferito?
“Lif-tibia”…
MORTE: Ah, ah, ah! Che simpatico.
Ma guarda che bei funghi spaziali, i famosi tart-ufi. Adesso però muoviti a morire che si è già fatta “l’ulna” di notte. Devo andare a mangiare. Sarà colpa della dentiera che ho ingoiato ieri sera, ma ho dei tremendi “morsi” della fame.
PINOCCHIO: A proposito, non andare mai allo zoo di sera!
MORTE: E perché mai?
PINOCCHIO: E’ chiuso.
A fianco della grande quercia, vi era un pero carico zeppo di frutti maturi. I poveri frutti del pero protestavano vivacemente a causa dell’improvviso rincaro dei prezzi al mercato. Non a caso essi stavano “scio-perando…”
Ma torniamo al nostro eroe.
Il povero Pinocchio stava proprio male. Cominciò a sudare che più che un pino pareva un salice piangente. Di li a poco sopraggiunse spavaldo un indiano pellerossa. L’indiano era a caccia di scalpi; infatti, quando gli capitava di cucinare il sugo, evitava sempre di usare i “pelati”. Inoltre teneva delle bellissime frecce muscolose, erano appena uscite dalla “balestra”.
–Ehi tu!- Disse il pellerossa guardando il burattino, -Dico a te. Tu viso pallido!-
-Ma no, no…- Rispose Pinocchio, -Febbre a quaranta!-.

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