Heidegger

Quando si parla di rivoluzione paradigmatica si parla di una rivoluzione copernicana che ha sconvolto tutti i paradigmi scientifici del tempo. Hans Khun ha definito tale rivoluzione come "rivoluzione paradigmatica". Questo a partire dalla scoperta del mondo microscopico, con la scoperta della divisibilità dell'atomo, e da un altro lato anche la nascita della fisica quantistica.
Heidegger in filosofia rappresenta questa svolta emersa da questa seconda rivoluzione scientifica.

Vi sono due Heidegger, il primo Heidegger è quello dell'analitica esistenziale, cioè un analisi esistenzialistica del concetto di esistenza.
Il secondo Heidegger, quello che va collocato negli anni 30-40, è l'Heidegger della svolta. Si passa in maniera chiara dalla sua prima fase, quella dedicata all'analisi esistenziale, ad un'altra fase filosofica, quella della riflessione ontologica, e dunque nichilistica, in senso stretto.

Il primo Heidegger
"Essere e Tempo" (Sein und zeit), è l'opera principale del primo Heidegger. Qui attraverso l'analisi dell'uomo come ente speciale. Per Heidegger l'uomo è Da-sein, Esser-ci. Non è né un semplice ente, né un essere metafisico, ma è appunto un ente speciale perché l'uomo è quello spazio dell'essere all'interno del quale accade l'interrogazione dell'essere; è l'unico ente capace di porsi la domanda "che cos'è l'essere?", è l'unico che può riflettere sul Sinn (senso) dell'essere.

La finalità filosofica di Essere e Tempo, che è sicuramente un analisi esistenziale, è esattamente la costruzione di una nuova ontologia, la costruzione di un nuovo modo di interrogarsi sull'essere, sul sinn dell'essere.
In ogni domanda si distinguono tre livelli ermeneutici del domandare: cosa si sta chiedendo, a chi si sta chiedendo, e ciò che si trova domandando.
Nella domanda "Che cos'è l'essere", ciò che si domanda è l'essere stesso, ciò che si trova è il senso dell'essere, ma a chi si domanda non è un essere ma è un ente, ovvero l'uomo, e quindi un ente speciale.
Heidegger così definisce il Dasein: "Questo esistente che noi stessi sempre siamo e che, fra l'altro, ha quella possibilità d'essere che consiste nel porre il problema, lo designiamo con il termine Esserci (Dasein)".
L'analitica esistenziale consiste nell'analisi del modo d'essere dell'esserci dell'uomo. Il modo d'esserci dell'essere è l'esistenza, in quanto soltanto l'Esserci esiste. Il modo dell'essere degli altri enti non è l'esistenza ma la semplice presenza.
L'uomo è l'unico capace di rapportarsi in un determinato modo con l'essere, e questo modo è proprio quello dell'interrogarsi.
Ci sono due esistenziali fondamentali nella filosofia di Heidegger: "L'essere nel mondo" (In-der-welt-sein), è una delle strutture fondamentali dell'esistenza (esistenziale). Tra gli esistenziali fondamentali ve ne è anche un altro, "l'essere insieme" (Mit-sein), quindi l'intersoggettività, o "originaria coesistenza". Il Dasein coesiste nel momento stesso in cui esiste, per questo "originaria coesistenza".
Queste due strutture definiscono in maniera decisiva il modo di essere dell'ente speciale.
Se il De-Sein è sia essere nel mondo ed essere con gli altri, questo è perché è relazione, è cura. La cura è quella struttura di base senza la quale non ci sarebbero nessuno dei due esistenziali.
La cura (noi come progetto gettato) è l'atteggiamento naturale del De-sein, è la nostra maniera di relazionarsi al mondo, è il nostro essere spontaneo che non nasce da una riflessione o altro. Nell'entrare in relazione con il mondo si adopera la modalità dell'utilizzabilità, che può essere tanto pratica quanto teoretico-contemplativa.
Nell'essere nel mondo l'uomo si prende "cura" del mondo, delle cose che gli occorrono. Non è la cura intesa come affetto, ma è intesa come l'atteggiamento fondamentale dell'uomo faber. Sta quindi modificando e addomesticando il mondo stesso. Il commercio dell'uomo con il mondo, ogni sapere disinteressato dell'uomo, è sempre utilitaristico. Questo ha a che fare con la tecnica, la "cura", in quanto per Heidegger questo è uno dei modi di essere fondamentali dell'esistenza umana. Ogni essere ha in sé una vocazione tecnica (e quindi nichilista), predatoria.
Secondo Heidegger la metafisica è già tecnica, dove si nasconde la vocazione tecnologica e quindi nichilistica dell'uomo occidentale. Con la metafisica la vocazione tecnica dell'uomo diventa apparato teoretico, perché in realtà nel concetto metafisico si nasconde questa vocazione. Infatti, il concetto in tedesco è "begrif", che in realtà significa "prendere con un gesto della mente". Si nasconde quindi questo gesto omnicomprensivo, predatorio, con cui la mente prende la cose del mondo e le fa sue, astraendole e adattandole alle proprie esigenze. La metafisica che è fatta di concetti predatori che catturano gli enti per conoscerli, è uno degli esiti ultimativi da cui discenderà la vocazione tecnica, la cura dell'essere. Il Dasein entra in rapporto con il mondo attraverso la modalità della cura, la modalità tecnica e dunque anche metafisica.
Secondo Heidegger, la metafisica occidentale nasconde in sé il nichilismo perché essa a ben guardare comincia e coincide con la storia dell'oblio della differenza ontologica tra essere ed ente. Quando la metafisica vuole conoscere l'essere deve reificarlo, deve entificarlo; è qui che si nega la differenza ontologica tra l'essere e l'ente. Si pensi ad esempio a Platone, il primo a parlare di metafisica in senso stretto. Qui l'entificazione dell'essere è proprio nell'idea. Al contrario in Aristotele l'essere diventa la sostanza, ed in particolare nella logica. Con la metafisica cristiana, la metafisica diventa teologia razionale.

  • L'analitica esistenziale si basa sul concetto fondamentale del Da-Sein, e consiste nell'individuazione e determinazione delle strutture fondamentali dell'esserci (esistenziali).
  • La cura, infatti, deve essere intesa come la principale e dunque più originaria struttura esistenziale del Da-sein, alla quale appartengono e dalla quale emergono spontaneamente le due figure dell'essere-nel-mondo e dell'essere-con-gli-altri, cioè le due principali determinazioni esistenziali dell'esserci.
  • La cura è il modo d'essere strutturale dell'esserci. Essa ha a che fare con quella relazione originaria che noi stessi sempre siamo e che ci apre strutturalmente (inevitabilmente) al mondo e agli altri, che in questo modo (cioè nella modalità dell'utilizzabilità) diventano disponibili per noi.
  • Il concetto heidgheriano di cura dipende strettamente dall'idea husserliana di intenzionalità, secondo la quale ogni coscienza è sempre coscienza "di" qualcosa, quindi, originariamente, aperta verso un esteriorità che essa contiene già al suo interno come pre-condizione, essendo trascendenza.

Heidegger in maniera molto più precisa, e per tracciare una differenza fondamentale con il passato, dice che bisogna interrogarsi sul senso dell'essere (il Sinn), e questo può farlo solo l'uomo.
La domanda sull'essere già con Cartesio passa attraverso l'uomo, il quale è considerato soggetto pensante, cogito, capace di comprendere autenticamente l'essere, attraverso il metodo. Il soggetto è considerato trasparente, capace di riflettere specificamente l'essere. Si rivela quindi una soggettività metafisicamente intesa, considerata capace di rispettare nel suo pensiero, oggettivamente, e con evidenza, la verità dell'essere. Non c'è però ancora la questione del senso dell'essere.
Heidegger, invece, sa che l'uomo non può giungere ad una comprensione totale e definitiva sull'essere, in quanto già ha conosciuto l'idea di Kant.
La domanda sul senso essere, nell'uomo, non è un atteggiamento specificatamente teoretico, ma è un qualcosa di continuo. Il rapporto di comprensione dell'essere è innanzitutto comprensione esistentiva od ontica, e può essere successivamente penetrazione esistenziale od ontologica. Quindi ci sono due livelli, uno quello degli uomini comuni (livello esistensivo), un altro quello dei filosofi (livello dell'analitica esistenziale). L'analisi esistenziale comporta l'accesso al livello ontologico della domanda sul senso dell'essere.
L'essere nel mondo (IN-DER-WELT-SEIN) è la prima struttura fondamentale dell'esistenza umana (primo esistenziale). C'è poi la cura e l'essere con gli altri. La cura è posta alla base di entrambi gli esistenziali, poiché questa determinerà i due esistenziali fondamentali.
Non c'è prima l'esserci, e dopo il mondo. L'uomo non può non essere nel mondo, mentre al contrario il dualismo tradizionale faceva capire che prima c'era un soggetto isolato, un cogito, che dopo aveva necessità di entrare nel mondo. L'uomo, in realtà, è già mondo, è già Dasein. Non c'è il problema di spiegare filosoficamente la relazione tra uomo e mondo.
L'esserci è caratterizzato strutturalmente dalla cura, che fa si che gli enti del mondo si riducano in fondo alla sua utilizzabilità. Ciò sta a significare l'uomo non è per nulla disinteressato, ma tutto è sempre caratterizzata dalla struttura della cura, è sempre un azione interessata.
Il problema del senso dell'essere è proprio dovuto alla cura, in quanto entrando in un rapporto di utilizzabilità con le cose emerge inevitabilmente la questione del senso. L'uomo è l'unico a chiedersi il senso dell'essere in quanto è essere nel mondo, è cura.
Per Heidegger "mondo" è tutto ciò che ha un significato per noi uomini, o che può avere, che ha avuto, che potrebbe avere, un significato per noi. La stessa morte per noi è mondo, non è nulla, proprio in virtù del fatto che ci si chiede cosa sia.
Anche gli altri esserci si incontrano con noi nel nostro prender cura, infatti l'esserci anche sempre "esserci insieme", coesistenza, l'essere con gli altri, o Mit-sein.
Si può stare insieme nella modalità della coesistenza inautentica, ad esempio con la figura del servo-padrone. È dove accade la strumentalizzazione dell'uomo, ad esempio anche quando si ha un amico solo perché si ha bisogno di qualcosa, o lo si usa al fine di qualcos'altro. Qui la cura diventa strumentalizzazione dell'altro uomo.
Al contrario si può avere la coesistenza autentica, aiutando gli altri nel loro prendersi cura.
Nella coesistenza inautentica, gli altri non appaiono come tali, e si livella tutto in mondo impersonale, considerandoli non come degli individui ben precisi, ma considerandoli come una massa anonima. Qui il "chi" si trasforma nel "si" (man). Questa dimensione impersonale, in qualche modo ci alleggerisce, e anche nel "si muore" si pensa alla morte come un qualcosa che capita agli altri, che dunque non mi riguarda, e che quindi non esiste.
Nella dimensione della deiezione, ovvero l'essere gettati nel dominio del si, a dominare non è più la miità (ovvero il fatto che tutto riguarda comunque noi, ad esempio, si muore, ma nessuno potrà morire al posto nostro) ma la chiacchiera.
L'anticipazione della morte permette al Dasein, cioè all'uomo, di uscire dalla dimensione impersonale del si, e di scoprirsi finalmente come miità in seguito all'altrettanto fondamentale scoperta della propria temporalità.
L'essere insieme autentico, ha a che fare con l'empatia, dove si riconosce l'altro uomo come mio simile per empatia, in quanto so che quello che accade a me accade anche a lui.
La voce della coscienza (Gewissen), richiama all'uomo che la morte, per l'uomo autentico, è riconosciuta come quella possibilità insuperabile che un giorno renderà impossibile ogni altra possibilità. La morte ci pone davanti al fatto del nulla dell'esistenza, che noi siamo tempo.
Grazie all'essere-per-la-morte si può recuperare la nostra esistenza autentica, grazie alla comprensione della nostra temporalità. Riconoscendo la mortalità si riconosce la morte come quella possibilità in virtù della quale tutte le altre possibilità diverranno impossibile.
Quando Heidegger arriva a riflettere sulla morte, si ha la fine dell'analitica esistenziale per passare all'ontologia. Si apre quindi il periodo del secondo Heidegger, ed è qui che c'è la svolta (Kehre), ovvero quando si decide di eliminare il punto di partenza esistenziale per rivolgersi direttamente all'essere.

Il secondo Heidegger
La rivelazione dell'essere e la sua trascendenza, rispetto agli enti nella loro totalità costituiscono la tematica dell'ultimo Heidegger. In questa seconda fase definisce la trascendenza assoluta, riflette sulla cura dell'essere rispetto agli enti. Ovvero, la differenza ontologica tra essere ed ente.
Nel secondo Heidegger è fondamentale la differenza tra metafisica e ontologia.
Non chiama più l'essere "to on", ma quando parla dell'essere, per distinguerlo dagli enti lo definisce "aletheia", ovvero: ciò che si rivela nascondendosi, ciò che si fa presente attraverso l'assenza. Gli enti, al contrario, sono la pura presenza.
Heidegger vede in Nietzsche l'ultima entificazione dell'essere, con la volontà di potenza. Prima infatti fu con Platone, che lo entifica con l'idea, poi con Leibniz, che lo identifica come forza o valore, e infine con Nietzsche con la volontà di potenza.
Heidegger considera Nietzsche come l'ultimo esponente della metafisica occidentale, e considera che il compimento fondamentale della metafisica è il nichilismo.

Differenze tra Heidegger e Cartesio
Heidegger rileva che soggetto e oggetto non coincidono con esserci e mondo, ma rileva che la polarizzazione della scena filosofica tra soggettività e oggettività proviene da un originaria scissione tra soggetto e oggetto, che Heidegger chiama essere-nel-mondo.
Inoltre, non importa muovere dal soggetto o oggetto se questi sono unità originarie.
Rileva, inoltre, che se si muove dal soggetto isolato, diventa impossibile riguadagnare il mondo perduto (si pensi, ad esempio, a Cartesio che cerca di ricavare la realtà esterna dal cogito).
Sotto il tribunale dell'analitica esistenziale, l'Io, originariamente inteso come un dato originario ed esistenza prima, non è né originario né primo, ma si rileva piuttosto un fenomeno derivato e secondario, ottenuto mediante una disgregazione della struttura unitaria dell'in-der-welt-sein.

Approfondimento
L'esserci è ogni volta la sua possibilità, e il da-sein non la ha semplicemente a titolo di un unità posseduta, a titolo di presenza, appunto perché l'esserci è essenzialmente la sua possibilità. Questo ente può o scegliersi, o conquistarsi, o non conquistarsi, etc. Esso, può aver perso se stesso, o non essersi conquistato, solo perché la sua esistenza comporta la sua possibilità di conquistarsi o meno.
L'esserci è la possibilità più propria del da-sein.

Il chi è ciò che si mantiene identico nel mutare dei comportamenti, benché si rapporti a questo molteplice. (così come fu l'io penso, il quale consentiva di rimanere uguali a sé stessi sebbene vi era frammentazione o molteplicità di comportamenti o atteggiamenti esterni).
Ontologicamente, noi tendiamo ad intenderlo con ciò che, in una regione chiusa, e per essa, è sempre costantemente presente. Ad esempio come anima, o in generale come subiectum, come qualcosa che si trova perennemente al di sotto.
La sostanzialità è il modello ontologico per definizione dell'ente che risponde al problema del chi. Ci si rifà al modello della sostanza sia per quanto riguarda il problema del soggetto che dell'oggetto.
Ma la semplice presenza e il modo di essere presente non è conforme all'esserci.

La storia della metafisica occidentale secondo Heidegger

a. Metafisica classica, greca
Concepisce l'essere dell'ente (tutta la realtà), come upokeimenon (principio), che consiste dei fusei-onta (gli enti naturali) e dei tesei-onta (gli enti artificiali, quelli che producono gli uomini).
b. Metafisica cristiana
Essere dell'ente come creazione divina, come creaturalità.
c. Metafisica moderna
L'essere dell'ente è determinata dal soggetto che inquadra la realtà, e che la individua come oggetto.
 

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