Nietzsche

Il 1964 è un anno rivoluzionario per l'interpretazione del pensiero nichtiano, in quanto esce in Italia per i "tipi dell'Adelphi" l'edizione critica dell'opera omnia di Nietzsche da parte di Mazzino Montinari e Giorgio Colli, le quali opere erano state pesantemente manomesse soprattutto dall'intervento mistificatore della sorella di Nietzsche, Elizabeth Foster Nietzsche, e oltre a lei anche molti altri hanno effettuato un processo di mistificazione e manomissione delle opere. Il primo grande vettore di manomissione è quello positivistico, dove tutta la filosofia di Nietzsche verrà letta alla luce della sua malattia mentale, dicendo che si tratta di una filosofia abissale e anomala proprio perché nata dalla malattia, o che la malattia stessa è stata a causa di questa filosofia "sbagliata"; il secondo vettore è quello della nazificazione (in particolare nei punti della volontà di potenza e del superuomo), questo in particolare dalla sorella di Nietzsche.

Già Schopenhauer che Kierkegaard cominciano a combattere contro la filosofia come sistema. Nel vedere l'anti-hegelismo di questi due filosofi, bisogna soffermarsi soprattutto su un aspetto legato a questo ma più importante delle loro due filosofie. Ovvero, si tratta di due veri e propri attacchi contro la filosofia sistematica.
Ogni sistema filosofico è sempre ideologico, mira alla giustificazione e all'affermazione dell'esistente, dello status quo. Il sistema diventerà il centrale idolo polemico di filosofi già a partire da Schopenhauer e Kierkegaard, la cui filosofia sarà ora di stampo esistenzialista. La filosofia comincia a diventare ermeneutica, cioè interpretazione della cultura e della vita, soprattutto con Nietzsche.
Nietzsche avrà una cattedra di filologia classica già a 25 anni a Basilea, e prima di dar via alla sua filosofia può essere definito un vero e proprio filologo, infatti pochi anni più tardi scriverà "la nascita della tragedia", che è stata definita un opera ibrida, già piena di elementi ermeneutici e speculativi.
I pensatori sistematici secondo Nietzsche annullano il pensiero, questo perché ne annullano la sua vera carica, la carica critico-genealogica. Bisogna lottare contro il sistema, perché significa lottare contro la domesticazione, la sedazione del pensiero. Il pensiero sistematico è un pensiero narcotizzato. La filosofia va recuperata come critica della cultura.
Nietzsche è uno dei grandi maestri del sospetto, insieme a Marx e a Freud.

Le fasi del pensiero di Nietzsche
Sono state individuate più fasi nel pensiero di Nietzsche. Il primo, quello giovanile, influenzato da Schopenhauer e Wagner. Ad un certo punto si creerà una distanza abissale tra Nietzsche e Wagner che lo porterà a un pensiero completamente diverso. Nel primo periodo si sente fortemente la presenza filosofica di Schopenhauer e di Wagner.
Il più importante scritto giovanile è quello del '72, la nascita della tragedia. In più, ci saranno delle considerazioni contro l'evoluzionismo, lo storicismo e il positivismo.
Il secondo periodo è quello degli scritti intermedi, o periodo prospettico. Con scritti come "Umano troppo umano" e "La gaia scienza". Siamo già negli anni '80. Nietzsche si è completamente distaccato da Schopenhauer e Wagner. In maniera non pacifica ma violenta.
Il terzo periodo è quello del meriggio, dove appare uno degli scritti più importanti, "Così parlo Zarathustra". In questo periodo resta però comunque un fondamento illuminista.
Il quarto e ultimo periodo è detto del tramonto, con scritti come Al di là del bene e del male, Genealogia della morale e l'Anticristo, Ecce homo, etc. (tutti del 1888).

Il periodo giovanile
Nel 1872 scrive "La nascita della tragedia greca", mentre era insegnante di filologia classica a Basilea. Quest'opera nasce come opera filologica, ma in realtà è tutt'altro che solo filologica. È per tal motivo definita un opera ibrida. In particolare riflette sulla tragedia di Eschilo e di Sofocle. Si sofferma anche sulla tragedia di Euripide, su cui però dice cose diverse da tutti i filologi precedenti. Infatti, prima, tutta la filologia aveva un atteggiamento estetizzante nei confronti della classicità. Veniva studiata ed interpretata mediante parametri classici ed estetizzanti. Nietzsche in maniera esplosiva, nella sua opera, li metterà profondamente in discussione. Oggi la filologia classica dipende ancora moltissimo da "la nascita della tragedia greca" di Nietzsche.
È un opera ibrida nel senso che ha motivi anche e soprattutto di teoria della cultura, oltre che filologici, filosofici ed estetici. I filosofi contemporanei a Nietzsche si accorsero subito che l'opera non era solo uno studio di filologia, ma era un qualcosa di più, era un opera di critica della cultura. Ribalta i parametri mediante cui la filologia ottocentesca leggeva la classicità.

Tutta l'opera sulla tragedia greca ruota su due coordinate genetiche di nascita della tragedia: apollineo e dionisiaco. Vanno intesi come due impulsi di base dello spirito e dell'arte greca, sono le coordinate fondamentali dell'inconscio collettivo greco. Queste due forme sono entrambi complementari, non c'è una più importante dell'altra.
L'atteggiamento apollineo dei greci nei confronti della realtà Nietzsche lo vede rappresentato dalla scultura e dalla poesia epica, questo perché la poesia epica è una poesia scultorea, che dipinge a tutto tondo i personaggi. È quell'impulso alla forma e all'ordine che nasce di fronte al disordine, rappresenta una fuga rispetto al disordine. Nasce di fronte all'emergere di un disordine originario, che è il dionisiaco.
Il dionisiaco è ben rappresentato, invece, dall'impulso creativo da cui si genera la musica. Il caos non deve essere sublimato nella forma, ma va riconosciuto anche attraverso la forma perché si deve integrare nella forma, così come la forma si deve integrare nel caos, per generare la vita.
L'istinto di forma non è la forma data una volta per sempre, ma è bieldung, è la forma nel suo farsi.
I valori per Nietzsche sono trofici, sono delle figure vitali destinate a superarsi e ad essere superate.

Integrazioni al problema della nascita della tragedia di Nietzsche
La formulazione essenziale del problema che occupa Nietzsche negli anni basilesi si trova già nella conferenza che egli nel 1870 tenne sul tema "Socrate e la tragedia", lavoro questo che precedette la pubblicazione del "La nascita della tragedia" (nel 1872).
Già nella conferenza del 70 Nietzsche infatti identifica lo spirito socratico (il socratismo) con la scienza del XIX secolo. Questa identificazione che è sicuramente anti-storica e arbitraria tanto quanto la fede di Nietzsche nella rinascita della tragedia classica per opera di Wagner contiene i presupposti dello sviluppo ulteriore del pensiero di Nietzsche, e di quello che sarà il suo prospettivismo. La svalutazione della razionalità socratica (uomo teoretico) contrapposta sia alla visione apollinea sia all'estasi dionisiaca, raggiunge però il suo culmine nella nascita della tragedia e nella metafisica dell'arte del primo Nietzsche. Quest'opera , in realtà, contiene una fondamentale innovazione che consiste nel fatto che la volontà di Schopenhauer qui non viene negata, ma anzi essa "giocando con sé stessa" si giustifica nell'esistenza, in quanto fenomeno estetico. A differenza di Schopenahuer, Nietzsche ritiene che l'esistenza non deve essere negata, o superata, nell'arte, ma debba anzi essere affermata in quanto dolore e in quanto irrazionalità. Dunque, l'arte è la vita stessa. La vita per Nietzsche non è altro che fenomeno estetico che non deve essere giustificata con altro fuori da sé. La vita è quindi un "gioco estetico", un "gioco tragico", e la vita non necessita di nessun giustificazione. È il primo passo verso il nichilismo attivo.
In questo senso Nietzsche non vuole negare la vita in quanto dolore e volontà, ma, giustificare la vita tutta, così com'è, appunto in quanto fenomeno estetico: la nascita della tragedia è dunque una vera e propria cosmodicea, ovvero spiegare la vita con la vita stessa.

Nel '74-76 Nietzsche scrive quattro "considerazioni inattuali". Ci si occuperà della seconda, dedicata alla questione dell'utilità e del danno della storia per la vita. Sono "inattuali" perché vanno controcorrente, sarà un opera di critica culturale, e non più un opera filologica.
Critica lo Storicismo, non l'atteggiamento storico come in Marx. Lo storicismo deriva direttamente dal positivismo. Gli storicisti ritengono che la storia sia caratterizzata da un progresso, inserito il tutto però all'interno di una dimensione metafisica della realtà e del mondo. Fanno della storia l'elemento grazie al quale tutto deve essere compreso. Diventa l'elemento verso il quale tutto deve essere ridotto, attraverso la quale tutto deve essere spiegato. Viene, la storia, idolatrata, come se si potesse conoscere oggettivamente il passato.
Per Nietzsche la storia è giusta quando è utile alla vita, è inutile quando invece viene utilizzata la storia per bloccare la vita, per paralizzarla, ingabbiarla. Critica quindi l'idolatria del fatto e del fatto storico che si ha nella filosofia positivista e degli antropologi. Va contro il mito dell'oggettività, poiché spiega che il passato non può essere visto in modo oggettivo considerando solo i fatti.
Un eccesso di conoscenza storica paralizza la vita, la quale è fatta di un misto di oblio e conoscenza. Senza una certa dose di incoscienza non c'è felicità. L'azione nasce sia dalla consapevolezza, ma anche dall'incoscienza.

Il periodo illuministico o prospettico
Il periodo illuministico o prospettico si apre con l'opera "Umano troppo umano". Questo periodo è già anticipato dal periodo della critica alla storia, la quale diventa dannosa alla vita quando è patologica.
Gli storicisti avevano utilizzato la storia per ossificare il passato e per fare del passato un fatto, il fatto storico. Nietzsche dice invece che la storia non ha a che fare con i fatti, perché non esistono fatti né tantomeno il passato è un fatto, ma ci sono solo tutta una serie di interpretazioni.
La storia per Nietzsche non è più una scienza che consente di comprendere il passato rendendolo oggettivo, ma è uno strumento di critica, di scavo, attraverso il quale muovendo dal fenomeno, si può risalire all'origine del suo senso, per arrivare a capire cosa significa oggi quel dato fenomeno.

In questo periodo crollano sia i miti di Schopenhauer sia di Wagner nella vita non solo privata ma anche intellettuale di Nietzsche.
Al centro di questo nuovo periodo non vi è più l'arte, ma la scienza. L'arte nel primo periodo era servita a giustificare l'esistenza in quanto fenomeno estetico (esistenza e arte nel primo Nietzsche coincidono).
Qui la scienza è vista come metodo, non come la scienza capace di produrre verità assolute, al contrario dei positivisti. La scienza è fondamentale in quanto è un metodo di cui servirsi per comprendere la realtà. La scienza alla quale si rivolge non è quella del XIX secolo ma è quella critico-sperimentale degli illuministi e questa scienza si riconosceva già come limitata, dall'esperienza e dalla storia.
La scienza dei positivisti invece afferma che solo le sue verità sono verità assolute. La scienza a cui si appella Nietzsche invece è una scienza che definisce proprio che le verità assolute non esistono.
La scienza dei positivisti del XIX secolo è in realtà un atteggiamento metafisico, perché crede ancora nell'esistenza della verità, di un essere oggettivo, che solo la scienza può cogliere.
La scienza di Nietzsche è soltanto metodo critico, perché secondo il Nietzsche di questo periodo non c'è più una verità da cogliere. Venuto meno il mito dell'oggettività, dell'essere, viene meno anche la scienza dei positivisti.
Il metodo della scienza di Nietzsche è un metodo critico, perché fa del sospetto la sua regola di indagine fondamentale. Bisogna sospettare di tutto, anche di ciò di cui non si è solitamente abituati, quindi sospettare anche dell'essere, di Dio, etc.
Lo stesso metodo è anche storico-genealogico, perché la storia, e dunque il metodo storico-scientifico, va utilizzato per dimostrare che non esistono in nessun modo realtà storiche o immutabili, ma si capisce che le cose non sono immutabili, ma mutabili, e tutto deriva da un qualcosa che lo ha prodotto, un qualcosa che non è metafisico, ma è umano, "troppo umano".

La "morte di Dio" e l'Ubermensch
Quando si parla di "morte di Dio", Nietzsche utilizza il termine Dio come una grande metafora filosofico-culturale, attraverso la quale egli vuole simbolizzare e sintetizzare tutto l'atteggiamento teologico-metafisico. La morte di Dio quindi è la caduta di tutte le prospettive metafisiche, dove si pone il senso dell'essere al di là dell'essere, quando per dare il senso a un esistenza ci si proietta al di là dell'esistenza stessa. Queste prospettive mitologiche cominciano quindi a venir meno con Nietzsche, quando invece prima avevano definito un atteggiamento filosofico ben radicato.
Nietzsche intende colpire sia l'atteggiamento teologico-metafisico, secondo la quale il senso dell'essere deve essere posto e cercato al di là dell'essere; sia colpire tutte quelle credenze religiose che l'umanità ha elaborato nel corso dei secoli per difendersi e rassicurarsi.
Da questo evento della morte di Dio si passerà, poi, all'idea dell'Oltreuomo (Ubermensch).
L'oltreuomo in Nietzsche è colui che è capace di sostenere e di accogliere la notizia della morte di Dio; quando questa notizia viene accolta tragicamente, e quindi attivamente, facendo diventare quest'uomo un oltreuomo. È legato, quindi, il concetto di Oltreuomo indissolubilmente alla morte di Dio.
Si tratta di una notizia traumatizzante, poiché rappresenta la caduta di tutte le certezze che si sono avuto fino a quel tempo. L'oltreuomo rassomiglia per certi versi l'uomo tragico della tragedia greca.
Soltanto l'Oltreuomo è capace di accogliere con gioia tragica, dionisicamente, la notizia della morte di Dio. La morte di Dio determina il nichilismo, l'avvento del non-senso. L'esistenza appare all'uomo comune come un non-senso, in quanto con la caduta di tutte le certezze non si riesce più a capire quale sia il senso della vita.
L'Oltreuomo risponde non ricostruendo delle certezze, o ricercando nuovi assoluti, ma la risposta attiva dell'Oltreuomo sta nell'accettazione tragica (ovvero attiva) del nichilismo, ovvero del non-senso dell'esistenza. Tragicamente ovvero senza traumi, gioiosamente; non si cerca di dare un senso a qualcosa che un senso non ce l'ha. Il non poter dare un senso all'esistenza non pone l'Oltreuomo in uno stato di prostrazione, ma lo rende più forte perché lo libera da tutti i vincoli metafisici, e lo fa diventare pura forza poietica. La libertà nell'Oltreuomo è la libertà che deriva dal non-senso. Si può intepretare liberamente l'esistenza perché l'esistenza non ha un senso particolare, ma è un affermazione innocente di sé stessa.
L'Oltreuomo ha la libertà di creare valori nel vuoto delle certezze, a partire dal nulla. È questo vuoto di assoluti che genera la libertà, come forza poietica, come ermeneutica.
L'Oltreuomo non si mette al posto di Dio come Dio aveva creato i vecchi valori, ma l'Oltreuomo è forza ermeneutica, è capacità di interpretare all'infinito, perché la realtà non è questa o quella, ma l'esistenza è una continua affermazione di sé come non-senso.

L'Oltreuomo dovrà, ora, dichiarare la morte di tutti i vecchi valori, e provare a creare, a produrre nuovi valori. Questi valori però sono diversi dai valori comunemente intesi:
Nella sua teoria dei valori Nietzsche giunge ad una nuova concezione dell'idea di valore, partendo da una domanda genealogica: qual è il valore dei valori?
Questa domanda fondamentale e radicale determinerà in primis la cosiddetta trans-valutazione dei valori, e, in un secondo momento, condurrà Nietzsche alla configurazione teorica della sua volontà di potenza (wille zum macht).
La teoria dei valori nasce dall'applicazione da parte di Nietzsche del modello darwiniano del trasformismo biologico (l'evoluzione della specie) e del meccanismo (avalutativo) della selezione naturale alla vita dei valori: da qui, dunque, l'idea nichtiana secondo la quale i valori non sono altro che delle forze meglio adattate all'interno di una ben determinata forma di vita (dove forma di vita è contesto, ambiente).
La genealogia parte dal valore, per arrivare procedendo all'indietro, a quello che lo ha generato, che lo ha reso possibile, secondo una relazione non di semplice causa-effetto, ma secondo una relazione funzionale.
Il rapporto tra i valori e le forme di vita (cioè i contesti che li generano) è un rapporto genealogico, dunque un rapporto funzionale e gerarchico. I valori le funzioni di una precisa forma di vita, e sono forze vincenti che hanno avuto la meglio su altre forze.
La volontà di potenza è lo spazio genetico di quella gerarchia genealogica che crea valori, che non ha nulla di divino ma è tutta umana, storica. La volontà di potenza è un campo di forze vitali, trofiche, che si trova alla base della vita, la vita è volontà di potenza.
È a-valutativa perché non si può valutare il produttore con i suoi prodotti. Conferendo una veste valutativa e valoriale alla gerarchia si prendono i valori e, in quanto prodotti, li si applica a ciò che li ha prodotti.

L'eterno ritorno dell'uguale
Con la dottrina dell'eterno ritorno dell'uguale Nietzsche non intende proporre né una nuova teoria cosmologica, né una propria filosofia della storia, ma vuole piuttosto avanzare una diversa visione del tempo, in opposizione ad ogni tipo di metafisica e soprattutto contro l'escatologia cristiana e il finalismo filosofico. Attraverso questa teoria Nietzsche afferma la figura circolare del tempo, che gli consente di proporre su un piano più ampio il proprio nichilismo attivo, vale a dire l'affermazione dell'esistenza come fenomeno innocente (circolare) e come tale privo di senso. Da qui, l'innocenza del caos fatta coincidere da Nietzsche con la più rigorosa necessità.

 


 

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *