Le più curiose scoperte scientifiche legate alla roulette

Sin dalla sua nascita, la roulette ha rappresentato un simbolo della casualità e dell’incertezza dell’umana esistenza. Topos narrativo per eccellenza in romanzi indimenticabili come il celebre Il giocatore di Dostoevskij o in film culto come Casinò del premio Oscar Martin Scorsese. Forse meno nota, ma altrettanto avvincente è la passione che matematici e fisici hanno nutrito per la regina dei giochi, dedicando a essa trattati e ore interminabili di studio allo scopo di penetrare i segreti della casualità: per dare un ordine a fenomeni apparentemente arbitrari.

La nostra storia non poteva che cominciare con il celebre pensatore francese Blaise Pascal (XVII secolo), mente insaziabile dalla conoscenza enciclopedica. A lui si deve l’invenzione della roulette come strumento di indagine per studiare il calcolo delle probabilità e delle sequenze numeriche casuali. Fu sua l’idea di modificare un antico gioco cinese (la ruota della fortuna) in modo tale da ridurne gli attriti e le interferenze esterne e furono proprio gli studi effettuati su questo nuovo strumento a permettergli di formulare la famosa Legge del Terzo.

“In una permanenza di tanti termini quanti sono i numeri disponibili, risulteranno tendenzialmente presenti i due terzi dei numeri disponibili.”

Una regola semplice ed efficace che non dà, ovviamente, la certezza di uscita dei singoli numeri, quanto piuttosto una potenziale tendenza che il giocatore può utilizzare come strategia generale.

E che dire dell’ossessione del matematico britannico Karl Pearson ( XIX-XX secolo ) per le sequenze numeriche casuali? Fu proprio a lui che dobbiamo la nascita della statistica come scienza. Il Casinò di Monte Carlo con le sue roulette diventò il suo laboratorio per eccellenza; qui infatti Pearson ottenne la maggiore quantità di informazioni possibili per le sue ricerche.

Analizzando i risultati delle uscite pubblicati settimanalmente sul giornale Le Monaco ottenne un’impressionante quantità di dati che gli permisero di formulare il famoso pregiudizio noto come fallacia dello scommettitore. Vale a dire che ogni lancio è del tutto indipendente da quello precedente malgrado, come lo stesso Pearson poté constatare, la sera del 18 Agosto 1913 il colore rosso fosse uscito per ben venticinque volte di seguito. Ciò produsse una frenetica corsa a puntare su questo colore, permettendo al matematico britannico di formulare il famoso principio.

Con un balzo al di là dell’Oceano e avanti di qualche decennio ci troviamo nel laboratorio per eccellenza: Las Vegas. Qui troviamo Ed Thorpe e Claude Shannon, due matematici del MIT alle prese ancora una volta con la roulette. L’elettrica curiosità del primo unita alle competenze tecniche del secondo daranno vita al primo computer indossabile in grado di calcolare le probabilità di uscita dei numeri in base ad una divisione della ruota in settori.

La complessità della loro impresa unisce in sé la temerarietà del giocatore e la genialità dello scienziato. Vale la pena ricordare che nella roulette americana le probabilità di chi gioca sono il 5,3% a sfavore, mentre in quella europea, con un solo zero, sono del 2,7% per un totale di 38 numeri nella prima e di 37 nella seconda. Questo per dare un’idea della complessità dell’impresa che i due matematici americani dovettero affrontare. Il loro wearable computer fu in grado di calcolare, dopo vari tentativi andati a vuoto, traiettoria, curve e velocità della pallina.

Concludiamo il nostro viaggio con una figura singolare: uno scienziato della natura umana, un ingegnere del gioco che ha trasformato per sempre l’idea stessa della roulette dandole quel risalto e quella centralità che ne avrebbe fatto nei decenni successivi la Regina dei giochi. Sto parlando di François Blanc: l’inventore del Casinò di Monte Carlo. Fu lui infatti a sottrarre uno zero alla roulette raddoppiando di fatto le probabilità di vincita dei giocatori. Rinunciando a un numero trasformò il tavolo che ruota in un fenomeno globale entrato a far parte dell’immaginario collettivo, come metafora della casualità e dell’arbitrarietà.

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