Videochat di morte

Attenzione, questo racconto non è stato ancora ultimato. Pertanto, si consiglia di visitare spesso questa pagina nel caso di aggiornamenti al racconto.
L’ultimo aggiornamento a questo racconto è stato effettuato il 10/07/2007 e la percentuale stimata di completamento è del 60%

Tic, tac, plat, tac, plic… le gocce di pioggia picchiettavano alla finestra, alternativamente ai sonori battiti sulla tastiera.
Era lì, seduto al suo computer, mentre scriveva, e scriveva. Una sorta di multi-chat istantanea, si, sicuramente quello.
La notte era nera, oscura, con quella poca luce che dava a tutto un senso di "spettrale".
E piano piano anche l’orologio batteva i secondi, piano, lentamente, passavano e passavano.
Lui era lì, piccola sedia, di spalle alla porta, nella penombra, con quel poco di luce sul suo volto e sulla tastiera, giusto quel poco per far vedere la sua faccia, e qualcos’altro nella webcam.
Intanto anche lui osservava nel piccolo riquadro sul monitor la ragazza che parlava con lui.
E, per ora, anche la ragazza guardava lui.
E no, la stanza non era piccola. E no, non faceva nemmeno freddo. E non era in un bunker antiatomico.

E così parlava, piano piano, mentre ascoltava nelle cuffie con suono molto, molto elevato.
Aveva spento la tv da poco, ed era in casa da solo ormai. Ora stava facendo una tranquilla conversazione con un amica.
Si, nulla di strano. Era uscito, torna, un pezzo di pizza, un tranquillo film in tv, e ora, due e mezzo di sera, circa, tranquillo sorseggiando un bicchiere di cocacola.
Gli occhi fissi verso il piccolo rettangolino superiore, sulla faccia dell’ altra ragazza.
Tranquillo nella sua casetta di campagna, casetta, certo, ma con i comfort di una grande villa.
Silenzio intorno a lui, qualche volta i fari di alcune rare automobili che passavano di lì irradiavano luce attraverso la finestra.

Lo sguardo rimase bloccato per pochi secondi, fisso in un posto forse dietro del ragazzo, Harris. La ragazza sembrava in un certo senso paralizzata, e si notava benissimo un lungo brivido che la percorse da cima a fondo. E’ come quando ti risvegli da un orribile incubo, cerchi di dimenticarlo ma invece non fai altro che consolidare il ricordo, e di solito il ricordo tratta della parte più spaventosa dell’ incubo.
Pensando effettivamente a uno scherzo della ragazza sul viso di Harris comparve un sorriso, mentre riportava alla bocca il bicchiere e ne sorseggiava un altro po’.
La ragazza intanto aveva abbassato lo sguardo, ora forse persa nei suoi pensieri. Attendendo che Harris finisse di bere.
Harris si girò lentamente verso dietro, ma non ci fu nulla di tanto spaventoso. Il divano e la poltrona di pelle erano ancora lì vicino, attorno al tavolo di cristallo piazzato in mezzo al salotto e sopra al tappeto. Le altre due porte erano mezze socchiuse esattamente come prima, e dalla grande finestra alla fine della stanza entrava la fredda luce della luna piena.
Intanto la cuffia continuava a riprodurre musica, e lui posò il suo bicchiere, e si rimise alla tastiera a conversare con Annabel.
Continuarono così per altri venti minuti circa, quando Harris si assentò per andare in bagno. Si alzo con calma dalla sedia, ed entro in una delle porte socchiuse a destra.

Annabel aveva continuato per tutto il tempo ad osservare cosa succedeva nella stanza di Harris. E non fece male. Complessi giochi di luce si materializzarono davanti a lei, e ora senza il rumore delle cuffie riusciva a sentire, seppur debolmente, i suoni provenienti dal microfono di Harris.
Erano passi, o almeno sembravano tali. Una porta e una finestra che scricchiolano.
Non avrebbe mai dovuto guardare alla sinistra della stanza. La seconda porta si aprì leggermente, mentre un ombra bianca si faceva strada nella stanza. Non era molto alta, eppure emanava terrore. Non paura, terrore. Si voltò verso il computer, Annabel cominciò ad urlare.

Harris ritornò proprio in quel momento, mentre l’ombra era ancora a mezz’aria nel centro della stanza. Eppure Harris non ebbe la minima reazione. Sembrava come se non la vedesse. Probabilmente gli occhi umani non riuscivano a distinguerla.
Tornò tranquillamente al computer, e riaccese lo schermo. Quello che trovò fu la ragazza che indicava insistentemente dietro di lui, ed una serie di messaggi terrificanti.
Appena ne lesse qualcuno, "un ombra è dietro di te", esternamente pensò che doveva ancora trattarsi di uno scherzo, ma il suo subconscio non mancò di fargli provare un pesante brivido.
Chattarono normalmente per un altra decina di minuti, anche se Annabel lanciava molto spesso sguardi nell’ area dietro di Harris.
Arrivò, il momento cruciale…

La gente pensa che le ombre non hanno potere sulla materia reale. Pensa che siano innoque, che l’ostilità non esista nelle loro vesti.
Non fu così. Annabel non potette che fare un urlo ed indicare alla destra di Harris. Un instante dopo negli occhi di Harris si sentì la paura pura, quella che si prova pochissime volte nella vita. Guardando allo schermo del pc, egli aveva visto, di fianco a lui, l’ombra bianca perfettamente definita.
Si girò lentamente, non vide nulla. Eppura si sentiva un leggero prurito e cominciava a fare fatica a respirare.
Prese velocemente un coltello dal tavolo. Ridicolo, certo. Ma cosa fare altrimenti? Era il primo istinto di difesa che ebbe.
Probabilmente fu il suo più grande errore.

L’ ombra aveva allungato una mano, ora gli aveva trapassato il cuore. Sentii un forte dolore, forse stava per svenire. Sembrava che qualcuno gli premesse con forza il cuore…

[CONTINUA]

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *