Anche il pin’occhio vuole la sua parte – Capitolo 1 di 37

Salve, vi stavo aspettando, spero che abbiate sentito parlare del burattino più famoso del mondo. O perlomeno avrete guardato le figure nel suo libro. Eh si, il caro burattino se ne faceva molte di…figure.

…E come per incanto siete tornati bambini.

Si, bambini. A tutti i costi volevate il modellino di Pinocchio. Siete andati al negozio dietro l’angolo, avete scelto quello che faceva al caso vostro e al momento di pagarlo avete esclamato a voce alta: -Adesso ho capito finalmente il testo di quella famosa canzone “Carissimo Pinocchio”…-

Ebbene si, amici lettori, il successo non ha prezzo. Anche perché oramai è “successo”; se ahimè non fosse “successo” non lo si potrebbe pagare in quanto non esisterebbe.

Ma vi dirò di più. Il caro burattino era così famoso che già nel settecento ed in piena rivoluzione francese, fu la passione della regina Maria Antonietta. Quando la distinta signora si recò dal giocattolaio per acquistare una copia di Pinocchio, accadde l’incredibile: -Vorrei quel Pinocchio che ho visto in vetrina- Esclamò la Regina. –Guardi che si sbaglia, sua altezza, quello in vetrina è il gatto Silvestro- Rispose il commerciante. –Oh povera me- Disse la Regina, -Oggi non ci sto proprio con “la testa”…

Ma questa volta le avventure del burattino più simpatico del mondo subiranno una svolta leggendaria: “Se non è tutto oro quello che luccica, è tutto oro quello che Lucignolo”. Insomma leggetevi questo libro e poi correte dall’autore; ditegli di cambiare mestiere, così invece di perdere tempo a scrivere panzane demenziali fa qualcosa di meglio…

– Oh! Povero me – direbbe Collodi, – Vedermi così testè rovinare il romanzo d’amor che mi fece sudare! – E come nel mezzo del cammin di nostra vita ci sono le “ m” – direbbe Dante; viva le favole raccontate allo scoppiettare di un camino ar-dente e ben cotto (direbbe un romano), quando il tempo pareva fermarsi e i bimbi buoni ricevevano doni al chiaror dell’alba, così tutti erano con-tenti e “tenti” era felice perché stava in compagnia.

Vorrei dedicare questo libro a tutte le persone amanti della comicità surreale e con la speranza che possiate trascorrere una piacevole lettura, vi ringrazio per avere acquistato il libro.

L’autore, Silvio Franchino.

CAPITOLO I

 

C’era una volta la cera e tutti quanti scivolavano in festa nei salotti signorili

 

 

C’era una volta un pezzo di legno. Non era un legno di pesco, quello che usano per fabbricare le canne da pesca; non era neanche di rododendro perché ormai si era tranquillizzato e non rodeva più dentro…Non era neanche un legno di “sorbo”, infatti, ci vedeva bene, né tanto meno un “fico” perché all’apparenza era bruttino.

Era di pino. Sì, di pino. Ma non di Pino Daniele. Pino, l’ometto che abitava nel paese di mostro Ciliegia.

Ebbene sì, fu così che Pino perse il suo pezzo di legno. Non so come andasse, ma un bel giorno questo pezzo di legno viaggiando su di un carretto trascinato da buoi, scivolò e rotolò giù per la strada. Il carrettiere fu licenziato in tronco per aver perso il “tronco”.

Ma il bello fu che, rotolando allegramente, capitò nella “bottega” di un vecchio falegname, che non gliel’avevano detto di tenere chiusa la cerniera dei pantaloni?…

Tutti lo chiamavano “mostro ciliegia”, per via della sua bruttura e della punta del suo naso. Aveva un naso molto sfortunato perché era sempre sotto osservazione, infatti, era sempre “sott’occhio”.

Appena il falegname vide il pezzo di legno, pensò di farne un cammello a dondolo. Ma poi ci ripensò perché soffriva di emorroidi e le gobbe del cammello avrebbero sicuramente interferito al suo dolore.

Mostro ciliegia viveva con un nano il quale era stato abbandonato dalla famiglia natale. Esso discendeva da una stirpe di nobili, più precisamente da una famiglia reale, se fosse stata finta non sarebbe stata…reale. Siccome era così piccolo che le scarpe della Barbie gli calzavano grandi, non avrebbe mai potuto diventare Re, infatti i suoi sudditi si sarebbero ben guardati dal chiamarlo “altezza”. Fu così che il falegname chiese al nano se avesse avuto un’idea ispiratrice nell’utilizzo del pezzo di legno, ma purtroppo il nano era a “corto” di idee…

-Non importa – pensò il falegname – Adesso lo appoggio qui vicino alla credenza e domani all’alba penserò a cosa potrà ispirare la mia fantasia.-

Quando il pezzo di legno riconobbe la credenza, successe l’incredibile… Era una credenza della quale si credeva risalisse ai primi del novecento, almeno così credo. Quando il pezzo di legno la vide gli sembrò riconoscerne i profumi patriarcali, talché scoppiò in un lamentoso piagnisteo – Nonno, nonnino macché ti hanno fatto? Oh povero te che eri così bello e adesso sei un mobile per niente mobile, per muoverti ci vuole forza e braccia umane –

Mostro ciliegia che si accingeva a ripulir il banco da lavoro, si meravigliò e rimase allorché sbalordito. Da dove poteva uscire quella vocina, non c’era nessuno!

Guardò sotto il banco e vide solo uno studente intento a mangiare di nascosto la merenda. Guardò sopra il banco e c’era la nebbia, un banco di nebbia; guardò sulla panca e c’era la capra che si grattava l’anca; ma non guardò sotto la panca, per non veder morire la capra stanca; guardò dentro un armadio che stava sempre chiuso, infatti non poteva vedere nulla perché l’armadio appunto era chiuso. Guardò nella stufa e vide che cominciava a stufarsi… Ancora nessuno!

Dovete sapere che la cosa incredibile di mostro ciliegia erano i capelli veri e la testa finta, al contrario di mastro Geppetto che aveva la testa vera e al posto dei capelli una parrucca.

L’indomani quando il falegname si accinse a lavorare il pezzo di legno: al primo colpo d’ascia, niente; al secondo, niente. Ma all’ascia e raddoppia il pezzo di legno esclamò – Ohi! Tu mi hai fatto male, “mi stai legnando”…

Mostro Ciliegia restò di stucco, così di stucco che ci vollero i muratori, con tanto di martelli e scalpelli, per salvarlo dallo stucco in eccesso. Gli occhi fuori dal capo e dall’assistente del capo per la paura! La bocca spalancata e persino la giacca si mise a fare l’autoritaria – Chi è stato, chi ha parlato? – In fondo la giacca era un “ capo… di abbigliamento”.

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