Anche il pin’occhio vuole la sua parte – Capitolo 21 di 37

Vicino alla casa del povero Geppetto, vi era una piccola fabbrica di poltrone.
Un giorno il proprietario decise di licenziare tutti gli operai. Sapete perché?
Anziché lavorare…facevano “salotto”.

Nella graziosa casa della fatina, vi erano degli ometti che tutto il giorno stavano ritti sopra di una credenza.
Siccome erano di famiglia nobile, lavoravano come sopran-nobili. La febbre di Pinocchio riprese a salire a tal punto che la fatina se la giocò in borsa.
Purtroppo la “borsa” fu scippata, le “azioni” non fruttarono e la partita finì con una sconfitta per i padroni di casa. Siccome i padroni di casa non pagavano l’affitto, furono sfrattati; i vicini li incoraggiavano dicendo loro: “in bocca al lupo”, e loro rispondevano: -Perché, il lupo non è grande abbastanza per mangiare da solo?-
-Pinocchio!- Esclamò la fata turchina –Svelto prendi la medicina!-
-Ma uffah! La ho già bevuta, se poi sto male non mi frega, ecco.-
In quel mentre entrò in scena “Mike”, il famoso presentatore, fu riconosciuto solo perché era mattina. Il “Bongiorno” si conosce dal…mattino. Alla vista del burattino il caro Mike esclamò di sana pianta: -Forza Pinocchio! Bevi la medicina, così facendo vincerai il bellissimo premio –
Poco dopo morì ahimè la “sana pianta”. Era sana per modo di dire…
-O fata mia,- cominciò a strillare Pinocchio –Datemi subito quel bicchiere!-
E così il nostro burattino bevve la medicina. Quando il presentatore consegnò il premio, guardò negli occhi il burattino e disse soddisfatto: -Eccoti una bellissima bottiglia di vino scuro. Te la porgo e nel mentre ti faccio un inchino. D’altronde il vino è…chinato. Inoltre visto che sei così buono, ti regalo questi bellissimi chicchi di caffè che giocano a tennis. Un bel “servizio” di caffè.-
La povera fatina, non ne poteva più di tutte queste stupidaggini, decise così su due piedi di uscire dalla stanza. Immaginate se avesse deciso di uscire su due “mani”…
Poco dopo fece ingresso nella stanza una compagnia di frati.
Alcuni erano frati cappuccini, altri erano frati caffè macchiato. La loro compagnia cominciò subito a divertire il moribondo burattino.
–Ciao Pinocchio, io sono il frate più disturbato, sono fra-stornato- Disse il primo.
–Io invece ho portato con me due miei cugini; come vedi uno è alla mia destra e l’altro alla mia sinistra. Sono fra-cugini.- Esclamò il secondo.
-Ehi, ci sono anch’io! Sono quello più sfigato, sono fra-cassato e questo è mio fratello fra-ntumato.
Poi ci sono ancora: quello più bagnato fra-dicio;  colui che non lo capisce mai nessuno fra-inteso; quello straniero fra-ncese e l’ultimo, quello che ci inganna tutti: fra-udolento.-
Fatte le relative presentazioni, gli strani frati raccontarono a Pinocchio un piccolo episodio di vita quotidiana. –Devi sapere che è arrivato il circo in paese. Fra le tante attrazioni circense, vi sono i cefali che per motivi di salute devono fare l’encefalogramma. Per non parlare della moglie del mago; pensa che la gente dice che si trucca poco, ma in realtà il trucco c’è…ma non si vede.-
-Ma voi siete frati ortodossi?- Chiese divertito Pinocchio.
–Ma cosa dici? Noi non coltiviamo mica l’orto… E poi pensa quanto è difficile coltivare un orto su di un dosso!- Noi siamo gente per bene, mica come quell’ arbitro che andava in campo con rossetto e fondotinta in tasca. Diceva che li usava per “truccare” le partite.-
Intanto la fatina, che origliava alla porta, non ce la faceva proprio più. Ormai le idiozie avevano raggiunto l’apice, cioè la cima delle api; così decise di cacciare via tutti i frati e venne accusata ingiustamente di fra-tricidio…
Quando finalmente ci fu  la quiete, la bella fatina tornò dal nostro burattino.
-Ora vieni un po’ qui da me e raccontami come andò che ti trovasti fra le mani degli assassini.-
-Beh, ecco vedi…Siccome era Natale i calciatori erano felici perché potevano “scartare” tutti i regali.- Rispose il burattino.
–Dai, ora smettila di dire cretinate!- Rimproverò la fata turchina. –Ho già così tanti incubi durante la notte, non vedo perché anche di giorno mi tocca di sentire certe baggianate!-
-Ah, ah ah!- Esclamò divertito Pinocchio, -Tutta colpa di tuo padre! Da piccola ti fece dormire una notte nell’ incubatrice, non è vero?-
In quel mentre volarono così tante sberle e s-mangiarle che il volto di Pinocchio prese il colore del “rosso ciliegio”.
Quando Pinocchio terminò di raccontare le sue disavventure, la fatina gli domandò dove fossero le quattro monete d’oro ricevute da Mangiafuoco.
–le ho perdute strada facendo. Infatti mentre camminavo, incontrai degli operai che ad ogni mio passo asfaltavano un metro di strada.-
Ma in realtà questa era una grossa “bugia”, immaginatevi quanto lievito e zucchero ci vollero per realizzarla; così fu che il suo naso gli crebbe un po’…Non si poteva certo dire che, per denaro, non avesse “naso”!
La fatina incuriosita continuava a fare domande. Ed il naso riprese a crescere ancora.
Alla fine  il naso fu così lungo che, restando seduto in poltrona, spegneva la luce in cucina. La vista di quel popò di naso, fece sentire così male la povera fatina, che il suo stomaco andò a finire come per incanto nella schiena: classico esempio di “volta stomaco”…
Il povero Pinocchio era da tempo pure raffreddato, non vi dico quel che accadde ad ogni starnuto… Alberi sradicati; il buco dell’ozono si allargò a tal punto, che i burroni nelle rive, essendo appunto di burro, si squagliarono al sole! E che trombe d’aria! Vere e proprie orchestre di ottoni; impazzirono perfino le trombe delle scale. La montagna franò all’improvviso, le pietre cadendo in terra procurarono delle serie lacerazioni al terreno, ma grazie a Dio si formò subito la “crosta terrestre”. Alla fine il burattino si soffiò il naso usando una tovaglia da giardino.
Con quel naso, Pinocchio sentiva tutti gli odori e gli od’argenti di questo mondo. Pensate che persino i pesci dell’acquario, alla vista di quel naso, rimasero “senza parole”. Addirittura il criceto nella gabbietta pensò tra se e se: Per me è solo una presa in “ghiro”…
-Oh fatina, fatina buona… Sono così triste. Non riesco nemmeno a piangere dalla disperazione per il mio naso!- Disse il burattino singhiozzando.
–Pinocchio- Rispose la fatina, -Tu sei un pino, non un salice!-
Allora preso dalla disperazione più cupa, Pinocchio corse fuori a cercare aiuto.
Ma il suo naso andò dritto dritto ad impigliarsi tra le ruote di un carro. Il classico “bastone tra le ruote”. Poi fece inciampare due biciclette cariche di regali natalizi. Purtroppo i regali si “incartarono” tra di loro e caddero in terra. Una mosca che passava di li per caso andò a posarsi sul naso di Pinocchio, il famoso in-setto nasale.
D’un tratto la fatina mossa a pietà, vista la gran disperazione, battè le mani insieme. Ed a quel segnale arrivò il padre della fatina, il “fato”. Ma d’altronde lo dice anche una famosa canzoncina cantata appunto in…Cina: “batti le mani che arriva papà, porta cosette e se ne và…”
Questo fato aveva così pochi capelli, che quei pochi si conoscevano tra di loro!
Il Fato aveva con se una pianta medicamentosa assai rozza e prepotente, un rabarbaro. Prese una noce e vi mise sopra la mosca del naso di Pinocchio. La noce divenne “noce moscata”.
Oltre a questo, il papà della fata aveva con se una povera anatra disperata. Dovete sapere che l’anatra viveva di uno strano complesso produttivo. Dovette diventare di colpo zitella, perché, quando si accoppiava faceva sempre e solo “papere”.
Quando il fato vide il naso di Pinocchio, fece chiamare all’istante due grossi pennuti. Uno dei due era un uccello non bene identificato, un famoso g’ufo; l’altro una specie ormai estinta di sterodattero, cioè un uccello dalle sembianze di un tipico frutto della palma. Questi due, posatisi  sul naso di Pinocchio, cominciarono a beccarglielo tanto che in pochi minuti il naso si trovò ridotto alla sua grandezza naturale.
-Ce la farai a riprenderti dal brutto episodio appena passato?- chiese il fato al burattino.
–Beh, se devo essere proprio sincero…- Rispose il burattino –Mi toccherà scappare, altrimenti come farò a “riprendermi?”…-

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