Anche il pin’occhio vuole la sua parte – Capitolo 28 di 37

Un vecchio aspirapolvere si lamentava perché aveva “aspirato” così tanto nella vita, ma non aveva mai realizzato nulla di cui vantarsene.

Dovete sapere che quella donzella altri non era che la buona fatina. Si era camuffata per indispettire il burattino che era un bighellone. La fatina era così bassa che, quando infilava le ginocchiere per giocare a pallavolo, pensavano avesse la minigonna.
FATINA: Non mi sembri molto ubbidiente affinché io nutra il tuo stomaco di legno. Ma visto che ci sono ti offrirò una bella torta.
PINOCCHIO: Mi scusi, Ormonica, se la torta non si è fatta male, perché le avete messo la “crema”? Eppure lei mi ricorda qualcuno…E’ da alcune ore che mi fa gli occhi dolci.
FATINA: No, è solo che mentre cucinavo la torta mi è andato dello “zucchero” a velo nelle pupille. Se prometti di essere buono ti faccio un regalo; l’ultimo album di Madonna, sei contento?
PINOCCHIO: Ma…Ormonica…Mancano le figurine! Sig!
A questo punto al burattino venne la strana sensazione che quella voce e quel sorriso gli fossero famigliari.
PINOCCHIO: Tu, si tu, tu non ti chiami Ormonica! Tu sei la fatina!
FATINA: No, ma cosa vai blaterando? Io non faccio “Tina”, sono me stessa!
E nel sentir così, Pinocchio piangeva dirottamente.
Pianse a tal punto che la fatina dovette iscriversi ad un corso di sub per non rischiare di annegare. Alla fine non potendone più dalla gioia, il burattino si gettò in ginocchio e schiacciò per sbaglio l’alluce destro della fata, la quale presa da gran dolore fu vittima di “alluci-nazioni”. Queste allucinazioni portarono la buona fatina in posti misteriosi: si trovò in Vaticano e vide una gigantesca bussola con tutto attorno centinaia di preti novelli. Questi preti erano inginocchiati davanti alla bussola per via dei punti “cardinali”. Poi d’improvviso ebbe un’esperienza a dir poco insolita.
Era stata eletta sindachessa del paese; si trovò attaccata ad una presa di corrente avvolta da una serie di batterie a lunga durata e sopra di lei un cartello che diceva così: “sarai in…carica per cinque anni, dopo di che rifaremo le elezioni”.
A quel punto arrivò di corsa l’animale domestico della fatina, che altri non era che un raro esemplare di “lupolipo” dell’Alaska centrale.
Ebbene si, questo cucciolo dall’apparente età di quindici anni, era nato dall’unione fortuita e misteriosa tra una lupa canadese ed un polipo di Bordighera. Aveva le narici così grosse che quando si metteva le dita nel naso perdeva le dita. Questo strano animale aveva manie assai egocentriche, se per esempio tutti avevano il DNA, lui doveva per forza avere il DNB.
LUPOLIPO: Ehi tu, come ti permetti e ti pertogli di infastidire la qui presente fata turchina? Non lo sai che nel settecento mancava la corrente? Per questo nacque “l’illuminismo”…
PINOCCHIO: Guarda che ti sbagli di grosso. Io voglio tanto bene alla fatina buona, ecco! E poi visto che sai tutto sulla storia dell’umanità, anzi credi di sapere tutto, sappi che Amerigo Vespucci nonostante a scuola aveva solo sei in condotta, divenne un grande “condottiero”. Tiè!
Quando la fata si riprese dal brutto incidente, scoppiò in una tale rabbia che al marciapiede venne l’occhio nero a forza di camminare sul “ciglio” della strada.
FATINA: Adesso basta! Non ricominciamo con le solite stupidaggini! Tu, lupolipo, tornatene in giardino o ti mando dalla tigre del domatore per tenerti buono.
LUPOLIPO: No, tanto la tigre del circo è impossibilitata. Ha avuto un incidente: un colpo di “frusta”…
PINOCCHIO: Certo che quel tuo animale domestico è proprio strano. L’altro giorno ha chiamato l’idraulico perché alla sua compagna le si erano “rotte” le acque.
FATINA: Su, dai Pinocchio, in fondo il mio cane è intelligente. Lo sai che sa perfino contare? Quando ha fame “conta” su di me.
Il burattino trascorse alcuni giorni nella umile casa della fatina, ma sul fare dell’alba del lunedì gli toccò, per rifarsi di tante marachelle, di andare alla scuola comunale.
Fu così che Pinocchio arrivò di buon mattino alla scuola comunale. Figuratevi quelle birbe di ragazzi, vedendolo entrare a scuola pensarono fosse “il manichino” per la prova di disegno dal vero. Fu una risata che non finiva più. Tutta la scuola si divertiva alle sue spalle; Pinocchio pensava di avere la “gobba.”
Quando fu il momento di assegnare le classi agli studenti arrivarono i bidelli, che siccome erano in tre, erano un “tridello”.
TRIDELLO: Buon giorno Pinocchio. In questa scuola non sono ammessi ne i somari ne tanto meno i ripetenti.
PINOCCHIO: Beh, per fortuna io non “balbetto”. Quindi non sono un ripetente.
TRIDELLO: Uhmm…Va bene. Inoltre sappi che per fare parte di questa prestigiosa scuola, sarà necessario superare un piccolo test di ingresso.
PINOCCHIO: E dove lo tenete questo test? Nell’entrata? Sono entrati pure il mio babbo e la fatina, ma a loro non avete fatto mica il test? Ecco!
TRIDELLO: Non fare lo spiritoso. Preparati a rispondere alle domande:
Che differenza passa tra una lumaca e la farina gialla?
PINOCCHIO: Uhmm, vediamo…La lumaca è molto lenta, mentre la farina gialla è un “po-lenta”.
TRIDELLO: Oh poveri noi! Ma chi l’ha fatta entrare sta sottospecie di quercia parlante? Ok, ti farò una domanda di…riserva; ho giusto qui fuori un’auto con poca benzina, vado a prendere la domanda. Tu sai che la seconda guerra mondiale doveva essere una guerra “lampo”. Perché invece non fu così?
PINOCCHIO: Beh, forse perché quel giorno era sereno…
A questo punto il tridello accompagnò il burattino dal preside della scuola.
Ma destino volle che nel tragitto che portava dal preside Pinocchio si slogò un piede. Siccome la scuola era sprovvista di stampelle, procurò al burattino un’insegnante “d’appoggio”… Da lontano si vedevano degli operai che traslocavano i banchi dalle classi. A forza di traslocare “banchi” si era formata una nebbia pazzesca. Alla fine il burattino arrivò finalmente dal preside.
Non si poteva proprio dire che il preside fosse un bell’ uomo.
Veniva dal sud. Una famiglia numerosa ed una casa piccola e stretta, da qui ebbe origine il suo “dialetto stretto”. E non era neanche magro. Più che uno stinco di santo era un vero e proprio stinco di maiale. Era così grasso e affamato che non aveva l’ombelico, ma un vero e proprio “buco” nello stomaco. Era pure nano, infatti quando Pinocchio gli mise gli occhi addosso pensò tra se:
-Babbino mio come sono caduto in “basso”!- Ma nonostante la statura era assai ridotta, il preside si faceva chiamare da tutti: sua “altezza”.
Il preside era così severo che fece licenziare l’edicolante di fronte alla scuola, perché mostrava le “intimità” in negozio. Era sempre nervoso per via dell’inflazione;
da quando “l’euro” aveva fatto il suo ingresso in Europa, era rimasto senza una “lira”.
Quando il tridello ed il burattino entrarono in presidenza, videro il preside intento a guardare un canale in tv che trasmetteva la vendita di alcuni televisori, una classica tele-vendita.
TRIDELLO: Mi scusi sua altezza se la disturbo, mi sono permesso di portarle un nuovo alunno il quale pare assai ignorante; non sapendo in che classe inserirlo mi rivolgo a lei per una delucidazione.
PRESIDE: Vediamo un attimo…Se il disgraziato prende il treno, direi in seconda classe non fumatori. Tu, Pinocchio, come sei venuto a scuola?
PINOCCHIO: Sono salito su di un mezzo di trasporto dove anziché pagare il biglietto bisognava risolvere alcuni enigmi con delle lettere e dei disegni.
PRESIDE: Deve sicuramente trattarsi di un re-bus. Sappi che io ero campione di “hulahop”, dovetti smettere perché mi faceva venire i “cerchi” allo stomaco.
Ricorda come prima regola che in questa scuola non esistono bocciati. Solo un caso mi riporta indietro di cinquanta anni di onorata carriera; l’unico caso di bocciatura. Fu un pesce gatto. Bocciato agli orali perché fece “scena muta”.
Tridello! Faccia ancora una domanda a questa vetrina parlante e se risponderà esattamente sarà ammesso alla scuola.
TRIDELLO: Ringrazia sua maestà il preside che oggi è di animo buono. Cosa accadde dopo l’invenzione della “ruota” ?
PINOCCHIO: Il popolo si precipitò a giocare al “lotto”.
A questa risposta non vi dico la reazione che ne conseguì. Il tridello uscì di senno e fu ricoverato in una clinica per malati di mente. Il preside scoppiò a ridere così tanto che tutta l’aria che aveva nella panza fuoriuscì dal sedere provocando serie calamità naturali. Una tromba d’aria investì la scuola e le porte antipanico si fecero prendere dal panico e scapparono via. A forza di ridere la dentiera scivolò via, e siccome faceva le “bollicine” fu usata da una bidella come idromassaggio.
Alla fine, quando tutto tornò alla normalità, il nostro amico Pinocchio fu ammesso alla scuola comunale.

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