Anche il pin’occhio vuole la sua parte – Capitolo 27 di 37

Siccome mastro Geppetto aveva scordato i buchi alle narici del naso di Pinocchio, il povero burattino aveva sempre il naso…tappato.

Pinocchio appuntò gli occhi e dopo aver guardato attentamente, cacciò un urlo acutissimo:
-Gli è il mi’ babbo! Gli è il mi’ babbo!-
Il povero Geppetto non poteva sentire il suo figliolo, pensava si trattasse dell’ululato del famoso “lupo di mare”. Il povero vecchio aveva navigato per giorni alla ricerca di Pinocchio; aveva attraversato la Manica ed aveva perfino trovato un grosso asso di fiori… Tutt’a un tratto, venne una terribile ondata e la barca sparì;
Geppetto perse pure un remo, ma per fortuna “Romolo” non lo abbandonò.
Il burattino aspettò nella speranza di vedere il suo babbo tornare a galla: tutti i pesci vennero a galla con la figlia di Apollo, ma il povero Geppetto scomparve nel nulla.
-Salverò il mio babbo!- Gridò Pinocchio.
A forza di aspettare, essendo di legno, cominciava a cambiare colore: si stava “seccando”…
Fu così che tuffatosi alla disperata nel mare impetuoso, il burattino incontrò i primi ostacoli ed a causa dell’alta…Marea; non riusciva a raggiungere il “volante”…
Intanto i pescatori, che avevano un sacco di bovini nei pescherecci, gridarono a Pinocchio che in quel luogo vi era il divieto di balneazione:
-Ehi tu, ragazzo! Non lo sai che qui al mare le multe sono assai…salate?!-
Ma tutto ciò non destò il minimo sconforto al povero Pinocchio, il quale nuotò per tutta la notte. Una notte tempestosa, cioè piena zeppa di pesto alla genovese; tuoni e lampi così grossi e succosi che parevano “lamponi”. Il vento soffiava così forte che riuscì a tramutare le risaie vicine in “riso soffiato”…D’improvviso un’onda riuscì a scaraventare il burattino su di una riva. Il povero Pinocchio si trovò con le giunture indolenzite; camminava con la mascella sulla spalla, si notava un buon “portamento”.
Ma nonostante tutto questo il nostro eroe l’aveva scampate ancora una volta:
-Sono proprio fortunato, sono nato con la camicia. Chissà che dolore per il parto…Più che altro per gli “spilli”-
Ripresosi dal brutto naufragio, Pinocchio si accorse di essere su di un’isola deserta. L’isola era assai triste e taciturna, perché era l’i…sola, senza nessuno.
Ma proprio li vicino vi era stranamente un negozio di ferramenta. Lo stabile era disabitato e sulla porta vi era un cartello con su scritto: “In caso di necessità rompere la carta vetro”.
All’idea di trovarsi solo in mezzo a quel luogo disabitato, al burattino venne una gran malinconia. Trovato per caso una racchetta da tennis, cominciò a sfilare i fili della rete per passare il tempo. Alla fine a forza di arrotolare gli venne il “gomitolo” del tennista.
Il mare si era calmato e si vedeva un polipo che da più di mezz’ora era impegnato a lavarsi “le mani”. Tutt’a un tratto il burattino vide passare, a poca distanza dalla riva, un grosso e strano pesce. Dal modo in cui nuotava e dai versi che faceva si poteva capire che non era un pesce comune. Era un “pe-scemo”…
Questo strano animale acquatico era un pesce d’acqua dolce, ma poiché aveva il diabete alto, si trovava al mare perché non sopportava lo zucchero.
Il pe-scemo era un incrocio, senza semafori o fontane, tra un luccio che luccicava alla luna ed una carpa famosa con altre coetanee nel film “l’attimo fuggente”:
“carpe diem”. Nonostante fosse scemo, ci teneva in particolare all’igiene personale: faceva il bagno quasi ogni giorno e sul dorso aveva vistose “scaglie” di sapone. Nuotava contro corrente solo se munito di tester, onde evitare inutili e dolorose scosse. Il corpo era allungato e di forma trapezioidale, il volto a tronco di piramide egizia e le orecchie a rombo ed inutili. Si perché sott’acqua non sentiva “volare una mosca”. Il pe-scemo aveva due grosse bocche dentate. Siccome era maniaco dell’igiene, con una bocca mangiava e con l’altra in caso di bisogno vomitava. Peccato che di denti ne avesse solo due, così uguali che risultavano: i-denti-ci…
I suoi parenti dicevano che assomigliasse al persico, questo perché si “perdeva” in continuazione. Ma la cosa straordinaria era la sua strafottenza nei confronti dei pescatori. Questo animale era così scemo che si faceva catturare in modo assurdo; mangiava il verme e dopo utilizzava l’amo per pulirsi i denti… Inoltre per paura di annegare si portava le bombole e dietro al sedere aveva molta gente in fila:
la famosa “coda” del pesce…
Non sapendo come chiamarlo per nome, Pinocchio gli gridò a voce alta per farsi sentire:
PINOCCHIO: Ehi, signor pesce, che mi permetterebbe una parola?
PESCEMO: Ma cos’hai da gridare? Sarò “muto” ma mica sordo!
PINOCCHIO: Mi sono perso e vorrei tanto sapere che fine ha fatto il mio povero babbo.
PESCEMO: Perché non provi a chiederlo alle valigie, loro sanno sempre tutto; sono un ottimo “bagaglio culturale”.
PINOCCHIO: Uhm! Che tipino questo pesce; fortunato il chirurgo va…Almeno i suoi pazienti sono persone più “aperte”.
Il mare era in tempesta, ma nonostante tutta quella “corrente” i nostri eroi rimasero al buio.
Detto ciò, il burattino prese una viottola e cominciò a camminare di un passo svelto. Ad un tratto da che l’isola pareva disabitata, eccoti spuntare da dietro le foglie un omuncolo assai curioso. Era niente popò di meno che il famoso “Robinson Crusoe”.
Era così brutto che in compenso le cozze nel mare sognavano di fare le “veline”. Nonostante Robinson fosse molto magro, pesava novanta chili: venti il suo fisico e settanta il suo alito, così schifoso e nauseabondo che quando parlava concimava le piante dell’isola…
ROBINSON: Ma guarda un po’ chi è venuto a trovarmi nell’isola. Tu devi essere scappato da un liceo artistico, nell’ora di disegno dal vero. Pari un manichino!
PINOCCHIO: No, non è così come lei dice, vengo dal mare e purtroppo ho imparato a non fidarmi dei pesci; non sono di…parola.
ROBINSON: Ah, ah, ah! Che simpatico ammasso di rami di un sempreverde! Mi piaci, si, Uhmm…Credo che ti chiamerò “Venerdì”.
PINOCCHIO: Ma cosa va blaterando? Non ha neanche il mio numero di cellulare, come farà a chiamarmi venerdì?
ROBINSON: Sarai anche simpatico, ma mi pare che tu sia un po’ “toccato in testa”.
PINOCCHIO: Beh? Io non vedo nessuno che mi sta toccando il capo, lei piuttosto, come ci è arrivato qui sull’isola?
ROBINSON: E’ una storia piuttosto lunga. Mi trovai naufrago d’improvviso, era proprio il caso di dire che ero con “l’acqua alla gola”. La compagnia navale sembrava godere di un ottima fiducia, ma io più che naufragato rimasi nau-fregato.
Sono stato alcuni mesi in compagnia di una gallina, ma ahimè morì di malattia.
La poverina non poteva farsi gli esami delle urine. Adesso vivo in un villaggio indiano abbandonato. A proposito, come hai fatto a trovarmi?
PINOCCHIO: Beh, ho seguito le “frecce”. Ma come lo passa il tempo qui tutto solo?
ROBINSON: La sera, dopo il temporale, guardo il mare e vedo l’arco-balena.
PINOCCHIO: L’arco che? Ma allora vuoi vedere che il mio babbo è finito nella pancia di una grossa balena? Signor Robinson da quanto tempo è qui sull’isola?
ROBINSON: Esattamente dal 1712. Non c’erano molte dune, ma solo qualche “d’una”.
PINOCCHIO: Però, non li mostra mica tutti questi anni… Ma mi tolga un ultima curiosità; perché se ne va in giro con un piumone sulle spalle?
ROBINSON: Mi serviva sulla nave quando stavo “sotto coperta”.
Congedatosi dal famoso naufrago, il burattino riprese a camminare fino a quando non fu tormentato dalla fame. Erano ormai passate ventiquattr’ore che non aveva mangiato più nulla.
Passò di li uno scheletro ed il burattino gli si precipitò d’innanzi.
-Mi fareste la carità di darmi un soldo, perché mi sento morir di fame?- Chiese Pinocchio,
-Non un soldo solo, ho speso così tanti soldi che mi sono ridotto “all’osso”- Rispose lo scheletro.
Dopo pochi minuti passò per la via un gallo cedrone.
–Fareste, galangallo, la carità di un soldo ad un povero ragazzo che sbadiglia dall’appetito?- Chiese il burattino,
-Volentieri, ma devo andare dormire. Sono l’animale che va a letto presto, vado a letto con le…galline.- Rispose il pennuto.
Finalmente passò una buona donnina che portava due brocche d’acqua. Siccome era stufa delle “brocche”, le quali perdevano sempre, aveva deciso di venderle a qualcuno che le sapesse far vincere.
PINOCCHIO: Datemi una pera o buona donna dal fare giovinesco. (Diceva così per conquistare il cuore con lusinghe e parlar bene)
DONNINA: Ma come vi permettete, qui vicino al fiume? Non avete letto i cartelli?
PINOCCHIO: Si che li ho letti o ciuffolo dal dolce sospiro di corte. Infatti c’è scritto che è vietata la “pesca” non la pera…
DONNINA: Non sapete nemmeno come mi chiamo, come potete goder di così tanto favellare? Mi chiamerei Monica, ma poiché sono assai di grossa corporatura, tutti mi chiamano: Ormonica

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