I malati immortali
Durante le prime epidemie di peste nera ci furono frequesti segnalazioni di gruppi di malati che vagavano nei campi, attaccando casualmente villaggi o viaggiatori. Erano lenti e poco sani, quindi facilmente evitabili o uccidibili, senza grandi difficoltà.
In Irlanda, temendo che la piaga fosse un atto dell’ira di Dio un intero monastero decise di sottoporsi a pii atti dicompleto altruismo, senza alcuna paura.
Dopo aver provato ad offrire aiuto ad uno dei gruppi di infetti vaganti, uno dei loro monaci rimase ferito da un morso, e così si ritirarono.
Il monaco contrasse la peste nera e morì un paio di giorni dopo, ma le sue ultime parole esprimevano la sua paura che la malattia fosse la punizione divina per non essersi fermato ad aiutare quelle anime perse e dannate, per non aver avuto occasione di perdonare i malati, l’atto più grande di altruismo.
I monaci, seguendo le sue ultime intenzioni, riuscirono a rintracciare il gruppo di infetti vaganti e a catturarli. Li rinchiusero nelle cantine del loro monastero, dove avrebbero potuto ricevere delle cure e non avrebbero dannegiato altri.
Passarono degli anni, e i malati non mostravano segni di guarigione evidenti.
Passò un’intera generazione di monaci, e la loro incredibile longevità fu dichiarata un miracolo.
La cura di questi malati divenne una sorta di culto.
Si crede che siano tuttora vivi, rinchiusi nelle segrete di un monastero. Ancora oggi i monaci continuano a prendersene cura.