La chiesa

Sia dannata la mia curiosità, la mia maledetta curiosità.
Perché mai l’uomo dovrebbe andare alla ricerca del pericolo, dell’occulto, degli arcani inspiegabili, e che inspiegabili debbono rimanere?
La forza della ragione e dell’intelletto guidano l’uomo ad agire quasi come se tutto fosse prevedibile, governabile; la maggior parte delle volte un piccolo uomo primitivo che ancora vive nelle nostre membra, in uno stato di sopore, in attesa di ridestarsi quando entriamo in situazioni di pericolo, ci avverte che talune sensazioni sono da fuggire, da evitare.
Quante volte vi sareste ritrovati in un luogo oscuro, seppure illuminato, inquietante, seppure facilmente esplorabile dai nostri sensi? E quante di queste volte vi siete resi conto di quanto è stupido, nella norma, fidarsi della propria parte pulsionale, ancestrale, per via di una superficialità di elaborazione delle informazioni dell’ambiente?
E’ vero, noi siamo animali, ma anche uomini, e siamo capaci di riflettere su come ancora siamo capaci di percepire pericoli che oramai sono del tutto estinti: predatori, tribù nemiche…. il buio: idiozie!
Oggi non c’è più nessun leone che ci da la caccia, non ci sono più popoli ostili che minacciano la nostra sopravvivenza… e quante volte preferiamo uscire la notte con i nostri compagni piuttosto che di giorno?
Ragione! Ragione! Siamo devoti, schiavi, del nostro intelletto, pensiamo che non ci può essere nulla al di fuori del mondo sensibile che possa minare la nostra pace interiore.

….pensiamo.

Sembrerà un passo indietro nell’evoluzione umana, ma…. in certi casi, quel piccolo uomo primitivo dentro di noi, che ha paura persino della sua stessa ombra, non trema per nulla: è il nulla che lo intimidisce anche se è il nulla che ci attrae, è l’inspiegabile che ci tira a se come un canto di sirena,
E quando cadiamo nell’abisso, rimpiangiamo di non aver dato ascolto a quel piccolo uomo, perché nei suoi deliri di pulsioni e ormoni dello stress, tenuti a bada dal nostro egoismo… quel piccolo uomo aveva ragione!

Era proprio quella sensazione di onnipotenza che guidava me e il mio compagno di viaggio, che chiamerò Alessio, per non mancare di rispetto alla sua memoria…..
I nostri viaggi nei luoghi più evitati della mia terra, la Punta dello Stivale, riempivano di interesse le nostre fredde giornate oziose, in una terra così tanto calda. Ma le tante storie inspiegabili sembravano non avere effetto sul nostro desiderio di conoscenza dell’occulto: non frequentavamo circoli religiosi od occultistici, la nostra era una volontà di sapere casta, indipendente, che seguiva solo il nostro istinto, oltre che alla nostra natura di avventurieri senza timore, ma con un atteggiamento di sfacciata sfida alle ombre.

I brulli paesaggi dell’Ovest, le umide boscaglie delle terre di quel santo venuto dalle terre teutoniche, i bui vicoli di quella città da tutti amata, ma da me solo maledetta per la gente che la abita, le torri diroccate, i cimiteri saraceni, i ruderi delle ville nobiliari. Nulla sembrava accontentarci in proporzione alla nostra fame.

Ma un giro all’imbrunire di una di quelle tante sere afose, in una collinetta non tanto distante dal mio paese, un edificio attirò la mia attenzione: era una Chiesa, dalla porta murata. In quel momento un ricordo tornò alla mia memoria.

La porta … ora ricordo l’episodio che portò a sigillare l’accesso a quel luogo di culto: strani rumori della notte, luci erranti, una scossa apparentemente di terremoto che colpì il paese accompagnata da una “voce” urlante proveniente da chissà quale antro, in profondità nella terra. Era ovvio pensare che in quel luogo avvenissero strani riti, ma può darsi anche che delle semplici rimpatriate notturne adolescenziali fossero state scambiate per qualcosa di più serio e inquietante da parte degli anziani superstiziosi del luogo. C’era un po’ di scetticismo da parte mia e del mio compagno di avventura, anche perché quella chiesa la vedavamo con tanta frequenza, era ormai parte delle nostre memorie infantili, non ci sembrava affatto un luogo di abominio e dannazione.

Ma dopotutto…. Perché non visitarla? Ero sempre curioso di sapere come fosse all’interno; lasciammo da parte il nostro atteggiamento di studio dell’ignoto per dedicarci a una sana e nostalgica visita della chiesetta che così tante volte vedevo dal finestrino della mia macchina quando andavo con i miei genitori a fare vari giretti della mia zona.

Fu così che un pomeriggio ci ritrovammo all’imbocco della stradina che conduceva al luogo da esplorare. Posso ricordare quel giorno: il terreno argilloso illuminato dall’arancio sole pomeridiano, un venticello rinfrescante muoveva i piccoli gialli e bruciati dalla calura estiva, i possenti e secolari pini, l’ombra della Chiesetta che si erigeva, piccola, ma energicamente sulla collinetta, di cui potevamo vedere dalla nostra posizione solo il retro, come se volesse nasconderci l’entrata di proposito, proprio come un giocatore occulta morbosamente le proprie carte agli avversari.
Facemmo un primo sopralluogo e scoprimmo con grande rammarico che l’accesso, oltre ad essere sigillato, era anche coperto da un folto groviglio spinoso. Ma non desideravamo fermarci di fronte a questo ostacolo della natura: prendemmo alcuni rami rinsecchiti e cominciammo a percuotere quei astiosi cespugli finchè non riuscimmo a creare un accesso alla porta.

Come non potevamo renderci conto del modo in cui ci stavamo comportando? Perchè entrare in quei ruderi era una cosa talmente importante per il nostro raziocinio? Ancora oggi non ho trovato risposta a questo quesito: eravamo folli? O qualcosa aveva creato un effetto ipnotico sulle nostre menti già provate dai nostri insoliti interessi? Credo che neanche la morte stessa potrà sollevare questo velo dai nostri occhi.

La porta era murata, come ce l’aspettavamo d’altronde: Alessio si stava dirigendo verso la nostra auto per prendere le mazze e i picchetti per creare una cavità attraverso la quale fosse possibile entrare nell’edificio, quando lo fermai. Avevo infatti notato nell’angolo in basso a sinistra della porta di cemento un’apertura, abbastanza stretta, ma capace di far passare un uomo. “Che grande fortuna” pensai tra me, senza domandarmi se tale coincidenza fosse in verità un segno di una frequentazione della chiesetta in un periodo successivo alla sua “chiusura”.
Ormai il sole stava tramontando tra le boscose colline, ripulire l’accesso dai rovi ci aveva portato via molto tempo: non avremmo osato proseguire l’esplorazione sotto le stelle. Decidemmo così, a malincuore, di riprendere la nostra avventura il mattino successivo.
Dopo aver acceso il motore della nostra auto porsi un’occhiata dallo specchietto retrovisore alla chiesetta: stavo per mettermi in moto, quando qualcosa attirò il mio sguardo.
Una sagoma umana sembrava attraversare il campo tra un pino e la chiesa; forse non eravamo soli. Mi voltai di scatto all’indietro e scorsi per una frazione di secondo la misteriosa figura: era un uomo, con una veste, apparentemente nera. Sparì alcuni istanti dopo senza lasciare alcuna traccia, come un fantasma. Mi voltai verso Alessio e gli chiesi se avesse visto ciò che avevo scorto: mi rispose che stava guardando altrove. Dapprima pensai che era forse un pastore sopraggiunto sul luogo subito dopo che ci eravamo allontanati, oppure era semplicemente un’allucinazione dovuta al caldo e alla fatica.
Ma alla fine non ci pensai più di tanto, ingranai la prima e partii verso casa.

Mi aspettava una doccia rinfrescante e una semplice cena, dopodichè stabilii di andare a dormire più presto del previsto. Non ci misi molto ad assopirmi, ricordo infatti che l’ultima occhiata all’orologio la diedi alle 22:30: pensavo come sarebbe andata la giornata, che cosa avremmo scoperto quando un sonno pesante mi accompagnò verso il regno di Orfeo. Che strane immagini turbarono il mio torpore: la chiesa abbandonata, due occhi nella notte che mi fissavano dall’apertura della porta, pareti con strani disegni, quell’ombra che vidi verso il tramonto attraversare la collinetta. Mi svegliai più volte in quella notte tremenda: mi ero forse lasciato influenzare dalle superstizioni e da quell’allucinazione? No non potevo permettere che delle stupide paure potessero mandare a monte la mia visita a quella chiesetta! Mi riaddormentai così seccato, anche se quelle immagini continuavano a gironzolarmi intorno come foglie trasportate da un vorticoso vento autunnale.

Il mattino successivo mi recai a prendere Alessio, non osai raccontargli durante il tragitto i sogni che avevo fatto la notte passata: non volevo affatto dimostrare di essere un soggetto suggestionabile e incline alle proprie superficiali sensazioni.

Arrivammo verso le 9, 9:30. Il sole mattutino si stava alzando verso il centro della volta siderale, all’orizzonte c’erano solo delle piccole nuvolette innocue: parcheggiai nello stesso luogo del giorno precedente, non molto distante dalla chiesetta. Dopo aver preso un paio di attrezzi dal baule ci dirigemmo verso la porta murata. Arrivati di fronte alle fauci dell’edificio notammo un fenomeno curioso: sembrava che nel giro di una notte i rovi che avevamo tolto fossero ricresciuti dal terreno di una trentina di centimetri, non costituivano un ostacolo serio, tuttavia quel timore che mi tormentò la notte sembrava ritornare, soprattutto quando vidi quel piccolo accesso nella porta murata; era come se mille occhi ci osservassero da tutte le direzioni: dal campanile, dalle cime dei pini, dall’ombra dei cespugli spinosi, da quella oscura apertura. No, non potevo permettere che delle stupide paure potessero condizionarmi a punto tale da rinunciare a un’impresa all’apparenza così mediocre e inoffensiva. E invece dovevo.
Alessio aveva notato il mio turbamento, ma nel momento in cui mi chiese se stessi bene la paura se ne era già andata.
Un venticello freddo si alzò senza preavviso, quelle nuvolette innocue che sembravano così distanti ora si avvicinavano lentamente verso la costa, annerendosi come una candida pergamena buttata tra le fiamme di un camino.
Tuttavia non ce ne rendemmo subito conto, in quanto il tempo stava mutando lentamente, quasi volesse intrappolarci nella sua morsa tempestosa senza che potessimo accorgercene.

Mi abbassai all’altezza dell’apertura, Alessio fece lo stesso: fu infatti lui ad entrare per primo attraverso l’accesso. Dopo aver udito la sua voce che mi rassicurava che stava bene decisi di seguirlo dentro l’edificio. Mi stava aspettando proprio dietro la porta murata, appena entrai del tutto mi aiutò ad alzarmi: non che avessi poche forze, ma è un gesto molto comune con amicizie molto forti. Rimanemmo in silenzio, ad osservare ciò che ci circondava: un ambiente secco, buio, polveroso. Ricordo le pareti martoriate dal tempo, l’altare in penombra, la luce che passava attraverso le finestre. Tuttavia non riuscivo a vedere tutto nei dettagli, chiesi così ad Alessio di accendere la sua torcia.
Come posso descrivere i brividi che percossero la mia schiena di fronte a uno spettacolo del genere? Dalle pareti illuminate sembravano affiorare strani segni, molto familiari alle nostre conoscenze dell’occulto: semplici, ma di oscuro significato. E al centro della navata centrale ecco dei cerchi concentrici, stelle a cinque punte, piatti per le offerte, segni di braci. Non era possibile che tali oggetti fossero rimasti integri in queste condizioni per così tanto tempo, sicuramente sono stati lasciati dopo la chiusura dell’edificio. La chiesa non è mai stata abbandonata.
Ricordo ancora come nella mia mente si formò l’immagine di esseri non definiti che entrano ed escono da quella stretta apertura, e in quel momento sentii qualcosa muoversi nell’oscurità, in fondo alla navata: sembrava un tessuto trascinato in mezzo ai detriti. Presi la torcia dal mio compagno e indirizzai il cono luminoso nel punto da cui si era generato quel rumore, con il cuore che accelerava il battito. Non c’era niente a parte l’altare, sul quale vi erano poggiati degli oggetti che non riuscii a distinguere nettamente.
L’ansia parve sparire, mi tranquillizzai mentre che il mio sguardo continuava ad esplorare quel luogo. Anche Alessio aveva sentito quel rumore, e come me si era allarmato.
Avevamo la netta sensazione che la nostra presenza in quel luogo non fosse ben accetta, ma da chi? Presto la verità si sarebbe manifestata.
Sentivo quella lieve brezza mattutina trasformarsi in un vento poderoso e quella poca luce che passava dall’accesso dietro di noi stava lentamente oscurando: la realtà attorno a noi si stava trasformando in qualcosa di oscuro, malvagio e antico.
Nel frattempo fuori si mise a piovere, potevo distinguere il picchiettio delle gocce sul tetto ligneo, il quale tuttavia, vecchio e ammuffito com’era, lasciava che cadesse dell’acqua dentro la chiesa: una stilla mi arrivò sulla mano sinistra e la illuminai. Forse il punto dal quale era passata era imbrattato da un deposito rugginoso… ma quel colore rosso, quasi di sangue non lo dimenticherò di certo.
No, non era acqua! Ricordo la consistenza sanguigna e quell’odore nauseabondo che invase l’edificio; volevamo, dovevamo fuggire da quel posto, ci voltammo verso l’uscita, ma era scomparsa: la porta era totalmente murata!
No, non potevamo rimanere rinchiusi in quel luogo dannato! In quell’essere dannato!
Il panico prese il mio amico, si appoggiò lentamente alla parete, non riusciva più a rimanere desto sulle sue gambe: ricordo quei occhi, quel colorito del viso… la mia torcia illuminava la Paura fatta persona. Il rimbombo della pioggia si trasformò in un lungo e lamentoso boato, poi in un battito all’unisono: la sentivo, la Chiesa era viva!

Tra le folate cominciavo a distinguere delle voci, ora che ricordo dei canti: centinaia, migliaia di bocche che intonavano misteriosi e sonori motivi, era come se innanzi a noi si stesse per manifestare una cerimonia. Sentii la porta aprirsi. La porta aprirsi? Come è possibile che una porta murata possa cigolare su dei cardini bronzei che neanche possiede? La mia ragione non credeva a quello che sentiva: è difficile da spiegare, la porta era murata, chiusa, ma in essa si apriva un portone di legno.
Non potevo crederci, non volevo crederci: una schiera di entità entrarono in fila con un lume stretto tra le loro “mani”, e il loro passo si combinava con il pulsare della Chiesa. Forse è un bene che non capii il turpiloquio di quelle misteriose figure: talvolta meno la ragione si impregna di dannati ricordi e più facilmente essa riesce a sopravvivere. Ancora non sono sicuro delle cose che vidi da quel momento in poi: le mura della Chiesa iniziarono a dissolversi sotto i miei occhi, un cielo senza stelle incombeva sul mondo, e da tale volta oscura iniziò ad aprirsi un enorme squarcio dal quale distinsi non cose ma essenze, potevo udire la sofferenza, l’oscurità, la rassegnazione….
La DANNAZIONE ETERNA! Si, avevo di fronte le porte dell’Inferno!

E da tale porta vedevo passare migliaia di corpi straziati, destinati all’oscurità perpetua.Il mio amico era ormai pazzo, dai suoi occhi non usciva alcun segno di raziocinio, era come un pupazzo abbandonato a se stesso, e io ero ancora ero fisso, in piedi, completamente stregato da quella visione.
Poi sentii oltrepassarmi da centinaia, milioni di ombre nere che venivano attratte da tale abisso, alcune cercavano di aggrapparsi a qualsiasi spiraglio possibile, ma le loro mani oltrepassavano i corpi fisici, e venivano risucchiate. Ce n’erano altre di ombre, meglio definite, ma meno umane che non venivano assorbite dalla cavità, anzi andavano incontro gaie e di corsa e sembravano inneggiare la venuta prossima di…
No, meglio non andare oltre: lo so, scrivere è il maggiore dei sollievi per quietare le proprie pulsioni e inquietudini, ma facendo ciò altro non farò che consegnare una verità troppo orribile, troppo straziante, troppo inaccettabile per milioni e milioni di persone.
E’ troppo… troppo! Preferisco dover sopportare da solo che vedere il mondo piombare nel caos, nel panico, vederlo distruggersi da solo, vederlo distruggersi dalla paura.
No, concludo queste pagine ricordando una persona: il mio compagno di viaggio.
E’ stato ritrovato… è difficile a dirsi… morto. E’ morto. Quell’ammasso di carne impazzita non può essere Alessio, no, lui è altrove… ma non voglio saperlo, non voglio soffrire il doppio.

Tutti questi pensieri, queste sbarre, questi psichiatri… che ne possono sapere loro della verità, niente! Che ne possono sapere di quei invisibili occhi… oh no! Eccoli di nuovo! Ora non più nei miei sogni, ma nell’angolo della stanza, nella porta, nello specchio!
E’ la fine! Ma non lascerò che mi prendano! Fortuna che ho le lamette del rasoio….

FINE

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *