Letteratura Latina: schemi e mini-riassunti III liceo

Seneca

Lucio Anneo Seneca era il figlio di Seneca il vecchio, fautore della rivoluzione retorica a Roma, avvicinandosi alle cosiddette declarationes, abbandonando il tema della lotta politica per avvicinarsi ad argomenti fini a se stessi.
Scrive alcune consolazioni: la Consolatio ad Marciam, per la morte del figlio di Caligola, la Consolatio ad Elviam Mater, destinata alla madre per consolarla dal distacco, e la Consolatio ad Polibium, per consolarlo della morte di un fratello (ed usata per ingraziarsi il ritorno a Roma dopo l'esilio sotto Claudio).
Il nucleo centrale della sua opera sono i dialoghi, 10 argomenti riguardo l'etica stoica.
Il De Ira fa una fenomenologia delle passioni umane, De Vita Beata riguardo il bene e le passioni.
De Constantia Sapientis, sull'imperturbabilità dell'animo del saggio, il De Tranquillitate Animi, riguardo il saggio e la vita politica (dove il saggio non deve partecipare in modo esagerato alla vita politica), il De Otio, riguardo il ritirarsi in isolamento. Questi tre fanno parte di una trilogia dedicata all'amico Sereno, riguardo il distacco dalle cose terrene.
Vi è poi il De Brevitate Vitae, sulla brevità della vita: il tempo non è poco ma è l'uomo che lo impiega male. Il De Providentia,  dove affronta il problema della contraddizione tra il progetto provvidenziale e la constatazione che nella realtà vincono sempre i disonesti.
L'unica opera scientifica sono le Naturales Quaestiones, dove parla dei fenomeni naturali, comete, temporali, etc. Per Seneca il progresso e continuo e inarrestabile, a differenza dell'idea di Plinio il Vecchio.
Vi sono poi i 7 libri dei benefici, dove tratta della natura e delle opere di beneficenza, e delle conseguenze morali che hanno nei confronti del benefattore.
Nel De Clementia Seneca dice che il potere unico, la monarchia è la forma di governo ideale e che non ci si deve ribellare ad essa, e che il problema è nel trovare un buon sovrano.
Dopo il ritiro dalla vita politica, scriverà le Epistulae ad Lucilium, una sorta di diario epistolare per la formazione filosofia di Lucilio. Partendo con argomenti semplici, si arrivava ad argomenti via via più complessi. È un genere letterario nuovo a Roma, e non si sa se queste lettere siano state effettivamente scritte o si tratti di un espediente letterario. Usa l'epistola come forma più diretta e si pone allo stesso livello del suo discepolo, e non distaccato da lui.
Infine, vi è il Ludus de Morte Claudi, o Apokolokyntosis. È un opera molto particolare, riguardo la trasformazione in zucca di Claudio dopo la sua morte. È una satira menippea, ovvero si basa sull'alternanza tra prosa e versi. Non si sa se era in senso dispregiativo verso Claudio, e si può intendere come "trasformazione di uno zuccone", e anche se Seneca aveva scritto un ludus sulla morte di Claudio, in realtà già nel Senato vi era molta ironia riguardo la morte di Claudio stesso.

Lucano

L'unica opera conservata è la Pharsalia, in 10 libri. Questa può essere considerata come una sorta di anti-Eneide, dove Lucano sembra voler confutare il modello virgiliano in maniera antifrastica. Innanzitutto, Lucano non usa uno stile epico puro ma si avvicina a quello dei retori, secondo, non c'è l'intervento delle divinità nel poema, terzo, ordine di narrazione più storico che poetico.
Inoltre inserisce a volte fatti completamente inventati nella narrazione.
Fa una sorta di anti-mito di Roma, narrandone la sua decadenza, al contrario dell'Eneide che ne mostrava l'ascesa. All'inizio del poema vi è un elogio a Nerone, sebbene sia in dubbio in quanto Nerone non apparirà più nel poema.
Prende il nome dalla battaglia di Farsalo, tra Cesare e Pompeo.
L'opera non ruota attorno a un personaggio centrale, ma ha tre protagonisti: Cesare, che rappresenta l'incarnazione del furor, delle forze irrazionali, a cui si contrappone la passività negativa di Pompeo (che Lucano vuole dipingere come una figura tragica, come Enea, a cui però il destino è avverso), e infine Catone Uticense, che Lucano dipinge come quasi come un perdente. Vi è, inoltre, uno sfondo filosofico di tipo stoico nell'opera; e la giustizia per Lucano non bisogna ricercarla all'esterno del saggio ma all'interno.
Lo stile è definito "ardens et concitatus", con un incalzare delle frasi, una tensione che supera i limiti dell'esametro, con un continuo uso di enjambment, imprimendo un forte pathos.

Petronio

Scrive il Satyricon, di cui sono incerti autore, trama, estensione originaria e significato stesso del titolo. Si pensa sia stato scritto da un tale T. Petronius Arbiter, dove arbiter era proprio perché Nerone lo considerava arbitro dell'eleganza. Tacito lo descrive come una sorta di dandy ante-litteram. Riguardo la datazione, si pensa che l'opera non vada oltre l'età neroniana, e non si colloca oltre la fine del I sec a.C; sebbene vi sono dei problemi di natura stilistica, in quanto ad esempio il linguaggio parlato dai liberti nella cena di Trimalcione è fortemente diverso dalla lingua della letteratura latina. Ciò fa pensare che il romanzo sia stato scritto durante il periodo neroniano e semmai ambientato in un epoca precedente.

Il genere letterario è di difficile classificazione, e riprende dal romanzo greco, dalla satira menippea, e dalla fabula milesia (ed in particolare riguardo novelle che fanno del sesso l'argomento esplicito). Si tratta presumibilmente di una parodia del romanzo greco: in quest'ultimo l'amore era visto in modo casto, ed era fatto di storie che si andavano ad intrecciare, e la base erano due innamorati che si allontanavano forzatamente fino a ricongiungersi alla fine, con l'eroina che riusciva per tutto il tempo a mantenersi casta. I luoghi sono atmosfere irreali e quasi oniriche. In Petronio tutto questo è ribaltato: non c'è spazio per la castità, e i due amanti, omosessuali, non sono sempre separati. Vi sono narrate in maniera esplicita le avventure sessuali dei protagonisti Encolpio e Gitone, e le ambientazioni sono del tutto realistiche e ben individuate.
È un opera molto complessa con diversi richiami letterari, con uno stile di alto livello e particolarmente curato. In sostanza si pensa che Petronio va a parodiare una serie di generi letterari, ad esempio la stessa satira menippea, ovvero l'alternanza di prosa e versi, è particolare: Petronio inserisce delle poesie in momenti del tutto inopportuni all'interno della storia.
È un opera di capovolgimento della realtà, con però qualcosa di incompleto al suo interno. Usa i procedimenti della satira, ma è come se si fermasse un attimo prima. I personaggi sono dei "tipi", e il commento morale sugli stessi è implicito.

Satira

Persio

Riprende molto dall'opera di Orazio, sebbene le sue opere (come anche quelle di Giovenale) saranno indirizzate a un pubblico di lettori dinanzi ai quali il poeta si atteggia come censore morale. C'è la perdita della finalità educativa.

Ci sono rimaste 6 satire, in cui attacca alcuni degli elementi fondanti della società romana, come i poeti che seguono le mode letterarie del tempo, chi si abbandona a vizi morali, chi conduce una vita dissipata, etc.

Sono premessi 4 coliambi (componimenti in trimetro scazonte) alle sei satire. Le sei satire:

  1. Di argomento letterario, riguarda i problemi della poesia satirica.
  2. Il problema del rapporto dell'uomo con la divinità.
  3. Critica la pigrizia e l'ozio sprecato, una condanna alla scarsa voglia di istruirsi dei giovani del tempo.
  4. Esprime il concetto di "conosci te stesso".
  5. Dedicata al suo maestro Anneo Cornuto, e fa un attacco contro i generi poetici elevati.
  6. Affronta il tema del "giusto mezzo", riferito in particolare all'uso delle ricchezze.

C'è ancora una sorta di senso di esortazione morale, che invece scomparirà in Giovenale. È una poesia ispirata dall'esigenza di smascherare la corruzione ed il vizio, contrapponendosi a quelle che sono le mode letterarie del tempo. È un opera di chirurgia morale, con il compito di radere, devellere e refligere le coscienze. Ha un linguaggio molto metaforico, al contrario del realismo di Giovenale. Lo stile di persio è uno stile non facile, con un lessico alternato tra termini di uso comune e termini di significato figurato. Vi sono bruschi passaggi da un argomento all'altro (definiti "iunctura acris", nessi aspri), questo a differenza della "callida iunctura" di Orazio. L'asperità dell'accostamento della parola rispetto al reale, con un frequente uso di ossimori e contraddizioni, che svelano la stessa contraddittorietà del reale rispetto a cui Persio si sta accostando.
Persio vuole mostrare agli occhi del lettore tutta la realtà "nascosta", criptata, sebbene abbia uno stile particolarmente oscuro e complesso.
Acquisisce, l'opera di Persio, una grande originalità rispetto ai modelli del passato, come Orazio. Il suo punto centrale è la denuncia morale, e i precetti riguardo il come vivere correttamente fanno riferimento alla dottrina storica e alla dottrina della virtù.

Giovenale

Giovenale sarà costretto a vivere alla stregua di un cliente, cercando l'appoggio di potenti durante tuta la sua vita. La sua opera è composta di 16 satire divise in 5 libri, di cui si ricordano in particolare la terza, dove descrive Roma come un caos informe dove è impossibile vivere, e la sesta, la requisitoria contro i vizi delle donne.
Con Giovenale si parla di "satira indignata". Sostiene che di fronte all'inarrestabile estendersi della corruzione e del vizio non c'è rimedio, e l'unica cosa possibile per il poeta è l'indignatio. Usa la satira per dar sfogo al suo disgusto per la società contemporanea, e non crede che la poesia possa in alcun modo educare il popolo a riscattare il vizio, e si limita quindi solo a denunciare la presenza di tale vizio e della corruzione. Viene così fuori uno spettacolo amaro, si maschere grottesche, a cui non rimane altro che l'invettiva.
Negli ultimi due libri sembra rinunciare all'indignatio, assumendo un atteggiamento più distaccato, con una riflessione più ampia, anche se ogni tanto si aprono delle crepe, e riaffiora ogni tanto il furore, l'indignatio.

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