Letteratura Latina: schemi e mini-riassunti III liceo

Genere enciclopedico

Plinio il Vecchio

Scrive una delle prime enciclopedie della storia, la Naturalis Historia, la quale è un opera immensa, dove convergono tutti gli argomenti. È pensata per istruire i funzionari e la gente comune, la quale non richiede argomenti scientifici ma ha bisogno di una conoscenza variegata.
Questo è un genere che veniva già ripreso con i paradossografi, ovvero opere che erano destinate al grande pubblico riguardo le piccole curiosità scientifiche e notizie varie, spesso infarcite di elementi fantastici. Lucio Licinio Muciano è stato il più importante autore di paradossografie.
Riprende la base per la sua opera dallo stoicismo, rifacendosi però ad uno stoicismo "medio", in quanto ciò che riprende non è il pensiero critico filosofico ma lo "spirito di servizio", riguardo quelle qualità tipiche del funzionario romano.
Lo stile è molto scarno, anche in virtù del fatto che un opera di questa mole mal si presta ad una completa revisione stilistica, e lo stile è in alcuni libri frammentario, in altri ci sono alcuni esercizi retorici di un certo tipo. Ciò che però è da considerare importante è il fatto che si tratta di una delle opere meglio organizzate prima dell'avvento dell'ordine alfabetico nelle moderne enciclopedie, e riprende la strutturazione organizzata proprio dallo stoicismo.
Non c'è alcun metodo scientifico nell'opera, e infatti questa andrà a decadere proprio con la scoperta del metodo scientifico.

Non classificabili

Plinio il Giovane

Nipote di Plinio il Vecchio, fu nominato viceconsole da Traiano nel 100 d.C. Passa indenne diversi principati, rimanendo un uomo di potere e mantenendo ottimi rapporti con i vari imperatori.
Due sono le opere più importanti: il panegiricus, ovvero una sorta di versione estesa del discorso di ringraziamento a Traiano dopo la nomina a console. Qui enumera tutte le virtù del princeps Traiano, e dietro questi elogi si nasconde una sorta di modello di comportamento che Plinio delinea per tutti i principi futuri.
La seconda opera è l'epistolario, diviso in 9 libri, i primi di lettere varie, mentre il decimo riguarda la corrispondenza privata tra Traiano e Plinio quando quest'ultimo fu console in Bitinia. Qui si delinea un Plinio indeciso in merito alle questioni militari e sociali in Bitinia.
Il modello stilistico di Plinio il Giovane è quello di Cicerone, e ha una predilezione per l'asindeto (ovvero collegare le frasi con segni di interpunzione e non con congiunzioni coordinanti, come nel polisindeto), e per l'anafora (frasi spezzate tra di loro, che riprendono uno stile più senecano che ciceroniano).
C'è inoltre un affettazione tipica della corrispondenza spontanea all'interno delle lettere concepite per la pubblicazione, con un eccesso di saluti, e un azione esageratamente cerimoniosa ed artificiosa.
La letteratura di Plinio il Giovane è lo specchio della crisi, all'interno della quale compaiono autori, personaggi e avvenimenti più importanti dell'epoca, che si sono conservati proprio grazie alla testimonianza di Plinio.

Tacito

Studia a Roma ed entra sotto la protezione di Giulio Agricola, e sotto la sua protezione comincia la carriera politica.
Le sue opere principali sono il Dialogus de Oratoribus, l'Agricola, il Germania, le Historiae (si sono conservati i libri 1-4 e parte del 5), e gli Annales (conservati i libri 1-4, parte del 5, il 6, parte dell'11, 12-15 e parte del 16).
Il Dialogus de Oratoribus si pensa sia stato scritto quando Tacito era in età piuttosto giovane, e lo stile è molto diverso dalle altre opere tanto che si pensava potesse essere un opera spuria. Lo stile ricorda quello neociceroniano a cui si ispirava la scuola di Quintiliano, e non la tipica inconcinnitas di Tacito.
Parla di un dialogo in casa di Curiazio Materno, con Marco Apro, Mipstano Messalla e Giulio II. Parlano riguardo la corruzione dell'oratoria a Roma, affermando alla fine che in una società tranquilla come quella imperiale non si può più avere la vera oratoria che invece è rimasta relegata all'età repubblicana.
Scriverà poi l'Agricola, un documento in difesa di Agricola stesso. Si tratta di un opera che ha carattere biografico con diversi elementi etnografici e geografici. Parla delle conquiste di Agricola in Britannia, ed elogia il fatto che non si è mai piegato ad un tiranno, ma riesce comunque a trovare un suo spazio.
Un'altra sua opera è la Germania, un opera puramente etnografica che compila a partire da varie fonti, in particolare di Plinio il Vecchio (i Bella Germania).
Le Historiae sono un opera storiografica con cui Tacito voleva descrivere gli avvenimenti che andavano dal 69 (con il regno di Galba) al 96 (anno della morte di Domiziano), riservandosi per la vecchiaia la narrazione di eventi storici riguardo il periodo di Nerva e di Traiano.
Ci sono pervenuti solo i primi cinque libri, e tutta la parte che va dagli anni 70 al 96 ci è pervenuta solo in maniera molto frammentaria.
I libri dall'1 al 3 parlano del regno di Galba, l'impero di Otone, la lotta tra Otone e Vitello, e tra Vitello e Vespasiano, finché Vespasiano non lascia l'Oriente spostandosi in Egitto.
Nel 4 si parla del sacco di Roma, e nel 5, pervenuto a metà, della Giudea, della Germania e dell'atteggiamento dei ribelli verso Vespasiano.
Scrive le Historiae a oltre 30 anni di distanza dal 69, ma la sua opera si inseriva in un contesto di grandissima attualità, ed inoltre è stato notato anche un certo parallelismo tra gli Traiano e Galba.
Lo stile nelle Historiae è molto particolare, è uno stile abrupto e spezzato. Tacito riprenderà da Sallustio il topos del ritratto paradossale, l'inconcinnitas e la sintassi disarticolata.
C'è inoltre un allusione arcaizzante, tipica della gravitas di uno stile storico arcaico.
La brevitas di Tacito si accentua fino a provocare delle vere e proprie rotture nella frase, e seguire il suo pensiero diventa molto complesso. Inoltre, quando una frase sembra terminata, Tacito la prolunga con una coda a sorpresa, che aggiunge un commento epigrammatico o modifica ciò che era stato detto prima.

Negli Annales l'indagine storica di Tacito si rivolge ancora più indietro, e cioè al periodo che andava dalla morte di Augusto alla morte di Nerone, il che fa pensare che l'opera voleva essere una sorta di continuazione dell'Ab Urbe Condita di Nerone. Anche qui, però, non ci sono pervenuti tutti i libri, ma solo una piccola parte.
Nei libri 1-5 tratta della figura ombrosa e cupa di Tiberio, che governava attraverso l'uso della delazione e della proscrizione. C'è poi l'ascesa della figura sinistra di Seiano, prefetto del pretorio nominato da Tiberio.
Nei libri 11-12 tratta della figura di Claudio durante gli anni 57-54, rappresentato come un imbelle che cade sotto le mani di Agrippina, la seconda moglie, e suo figlio Nerone.
Nei libri 13-16 è narrato il regno di Nerone, il biennio illuminato e Nerone che cade preda delle sue perversioni. Da lì la congiura di Pisone, fino ad arrivare all'incendio di Roma. Questo è l'ultimo dei libri conservati degli Annales.
Tacito mostra come da Augusto in poi i limiti della libertà si fanno molto più duri, e tutta l'opera degli Annales è racchiusa da un atteggiamento negativo e pessimista.
C'è un ampio uso del ritratto paradossale, con in particolare il ritratto di Tiberio, rappresentato cupo, torvo, descrivendolo via via con tutta una serie di gradazioni; e il ritratto di Petronio, dove spiega come arrivò al potere non con l'operosità, ma che una volta al potere si distinse per operosità e le sue qualità.
Infine, negli Annales c'è tutta una descrizione dei vari suicidi che avvenivano durante il periodo di Nerone, con una forte componente drammatica.

Lo stile degli Annales si divide in due troconi, con una bipartizione stilistica piuttosto netta: prima del 13esimo libro c'è il massimo dell'inconcinnitas tacitiana, il lessico è arcaico e solenne, ricco di potenza e grave. C'è un frequente ricorso alla variatio continua, ovvero l'accostare un espressione ad un'altra che ci si attenderebbe parallela, ma che in realtà è differente. Abbondano inoltre le metafore violente, l'uso audace delle personificazioni e c'è una fortissima coloritura poetica, rifacendosi a Lucano.

A partire dal 13esimo libro, c'è una sorta di modifica, con lo stile che si fa più classico, più tradizionale. Lo stile è più alto, con una ricerca di sinonimi più sobria e lo stile è più ricco, elevato, e meno aspro e serrato.
Il perché di questa differenza si può ricercare in due motivi, il primo, ovvero che il regno di Nerone, più vicino nel tempo a quello di Tacito, richiedeva di essere trattato con meno distanziamento solenne; un altro motivo, è quello che l'ultima parte degli Annales non ha subito una totale revisione stilistica, essendo stati scritti verso la morte di Tacito.
Le fonti di Tacito sono numerose, e spaziano dalla documentazione ufficiale degli "acta senatus" e degli "acta diurna populi romani"; a fonti ben precise come quelle di Plinio il Vecchio e l'opera di Mipstano Messalla, nonché storici di età imperiale come Cluvio Rufo e Fabio Rustico. Oltre a ciò, anche la letteratura epistolare e memorialistica, e le opere riguardo i suicidi degli stoici (exitus illustrium virorum).

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